Il Museo MAXXI e le opere esposte nel corso del 2015

 

Premessa

Poichè le opere in esposizione cambiano periodicamente (tranne quelle acquisite permanentemente), in questa sede sono trattate quelle presenti nel Museo nel 2015. E' possibile trovare in questo sito la descrizione di alcune opere esposte dall'anno d'inaugurazione 2010 fino al 2016 cercando nella home page e inserendo questa query: 'maxxi e <anno>' dove l'anno va dal 2010 al 2016.

 

Le Opere (presenti all'8 luglio 2015)

Nel cortile antistante l'ingresso, un suono di acqua che scorre. Si trattava di un'installazione di Bill Fontana che riproduceva il rumore dell'acqua presente negli acquedotti romani. Rilassante.

Sempre nel cortile, più avanti rispetto all'ingresso, si poteva visitare fino al 20 settembre del 2015 l'installazione vincitrice dello YAP 2015 Great Land dello Studio romano Corte, uno spicchio di verde chiuso da un muro perimetrale dove s'entrava e si veniva come catapultati in un'altra dimensione che evocava uno spaccato di campagna chiuso in una cornice a significare la natura trapiantata.

Subito dopo l'ingresso (necessario il biglietto), a sinistra si trovava la gustosa Mostra DMX (Digital Music Experience) dedicata alla musica elettronica. Non solo gli appassionati del genere ma anche chi s'interessa di musica avrebbe dovuto vederla. La Mostra ripercorreva, attraverso l'esposizione di vari dispositivi e strumenti, la storia di questo genere di musica. La musica elettronica, nata presso le avanguardie della musica classica, a cominciare dagli anni '60 ha trovato spazio soprattutto nella cosidetta musica leggera fino a diventare parte ormai integrante delle ultime tendenze. Si può eccepire sul giudizio estetico, al limite può non piacere ma una conoscenza anche superficiale del genere in questione è comunque doverosa. La Mostra era alquanto ricca anche se la musica di sottofondo tendeva a disturbare l'eventuale ascolto in cuffia dei brani musicali presenti nei vari pannneli, esempi a disposizione del visitatore sui vari sottoprodotti della musica elettronica. Mancava anche, a mio avviso, un accenno più evidente con esempi della musica elettronica elaborata via software (su Computer), come Cubase che inizialmente era un sequencer non hardware. Comunque, a parte queste note, la Mostra faceva felice l'appassionato degli strumenti tipici. In bella mostra e per la gioia di chi se ne intende erano raggruppati gioielli come una ricostruzione di un Theremin del 1919 (primo apparecchio a definirsi elettronico). Oppure L'organo e sintetizzatore EX42 Yamaha del 1970, il Moog modulare del 1967, il sintetizzatore Yamaha SY2 del 1974 (primo a definirsi commerciale cioè con un prezzo accessibile). Ancora, il Prophet 10 del 1980 sintetizzatore analogico tra i migliori e il Roland Juno60 del 1982 sintetizzatore dal prezzo contenuto, l'Oberheim OBXa del 1981 synth polifonico dagli incredibili effetti. Poi i campionatori, tra cui l'EMU II del 1984 che con i suoi 8000 dollari contro i 75000 di altri permetteva un accesso più diffuso a simili marchingegni. Gli amanti del software libero saranno stati felici di scoprire che il Korg Oasys del 2005 synth workstation hardware era dotato di sistema operativo Linux. Infine un Nagra III del 1961: mitico registratore portatile a bobina di livello professionale. Erano previste dimostrazioni con DJ (dalle 18 alle 19) ed altri spettacoli durante la Mostra.

Appena entrati a piano terra, a sinistra una gigantesca opera (collezione permanente) di Anish Kapor intitolata Widow (2004). Sembra uno stetoscopio dei vecchi tempi dal significato inquietante, che coinvolge visivamente e non solo lo spettatore. A destra era visibile una scultura a mò di fungo (precisamente un'Amanita) Giant Triple Mushrooms di Carsten Holler.

A seguire la Mostra  Food dal cucchiaio al mondo (fino all'8 novembre 2015) che voleva far riflettere sul cibo visto dal lato dello spazio, ovvero dei luoghi in cui il cibo viene consumato (tra cui casa, strada, città). Attraverso pannelli, oggetti e altro si evidenziava la natura effettivamente antropologica che il nutrirsi assume nella specie umana dove la necessità del mangiare si unisce alla cultura e alla creazione di manufatti o altro per ottemperare a questo bisogno fisiologico. Salendo alle sale superiori la Mostra continuava affrontando temi come lo spreco degli alimenti.

In fondo alla sala interessante soprattutto per gli architetti una Mostra (fino al 25 ottobre 2015) dedicata alla progettazione del padiglione italiano per l'Expo Universale del 1970 a Osaka di Maurizio Sacripanti.

Alle sale superiori, l'esposizione Good Luck di Lara Favaretto (fino al 20 settembre 2015). Si trattava di 20 strani e bizzarri cenotafi (monumenti sepolcrali vuoti) dedicati ad altrettanti personaggi  che hanno avuto la caratteristica nella loro vita di essere altrettanto bizzarri, fuori dagli schemi e stravaganti nel loro campo. Fatti con legno, ottone  e terra, colpivano veramente l'attenzione del visitatore e creavano un ambiente surreale e straniante.

Contigua la Mostra antologica Where to start from (fino al 18 ottobre 2015) con opere di Maurizio Nannucci. Erano installazioni con luci al neon oppure audio, tipiche di questo artista che opera fin dagli anni sessanta dell'altro secolo e che ha esplorato con costanza il rapporto tra arte, linguaggio e immagine. Una di queste opere era visibile anche su una facciata esterna del Museo.

Infine la Galleria n. 5 all'ultimo piano forniva una bella sorpresa per gli appassionati di fotografia ma non solo. Si trattava della Mostra (fino al 15 novembre 2015) dal titolo Immagini dedicata a Olivo Barbieri.   Una significativa retrospettiva che mette in luce il suo interesse per la forma e l'iconografia della città contemporanea. Monumenti, strade, palazzi di varie città del mondo riprese con l'occhio di Barbieri teso a rilevare aspetti nascosti, simbolici quasi di queste realtà che assumono contorni inaspettati e nuovi, anche se la riproduzione riguardava monumenti famosi come il Colosseo.

Altre Opere (esposte nei primi mesi del 2015)

Appena entrati a piano terra, a sinistra era visibile una serie di fotografie intitolata Architetti in uniforme, ovvero gli architetti più o meno famosi che sono rimasti coinvolti negli eventi bellici della seconda guerra mondiale.  A parte questo, due le opere presenti a piano terra: la prima una gigantesca opera (collezione permanente) di Anish Kapor intitolata Widow (2004). Sembra uno stetoscopio dei vecchi tempi dal significato inquietante, che coinvolge visivamente e non solo lo spettatore.  La seconda opera non permanente, anch'essa gigantesca, di Huang Yong Ping. Fatta di legno, rame e con motore meccanico è del 2006. Riprende, in grande, il mulino da preghiera dei buddisti tibetani ma in realtà vuole essere una metafora della miscela insita tra la preghiera e la minaccia degli eventi che accompagnano l'umano vivere. Molto interessante, è stata già esposta in parecchi Musei, tra cui il Centre Pompidou a Parigi. 

Seguiva una Mostra Architettura in Uniforme (fino al 3 maggio 2015) dove spiccava l'esposizione di due oggetti cult nati dalla tecnologia militare: la Jeep e la più nostrana Vespa della Piaggio. La Mostra proseguiva con pannelli e altro riguardanti la tematica della guerra e l'architettura o comunque l'intervento sul territorio connesso con gli eventi bellici della seconda guerra mondiale che, è bene ricordare, è stata la prima guerra dove i danni ai civili (bombardamenti, ecc.) ha superato quella dei danni alle strutture militari in senso lato. In fondo alla sala, curata dal Centro Archivi Architettura, era visibile una Mostra su Lina Bo Bardi, architetto italiano.

Salendo al piano superiore, verso la Galleria 2, le sale risultavano tutte praticamente occupate dalla Mostra tematica Unedited History dedicata all'Iran dal 1960 fino ai nostri giorni (fino al 29 marzo 2015). In sostanza, viene dato uno sguardo retrospettivo e completo agli eventi e agli artisti presenti in questo Paese. Spiccavano alcuni quadri interessanti, tra cui uno intitolato Peperoni di Bahman Mohasses del 1977 o  un altro senza titolo di Behjat Sadr. Seguiva una parte della mostra dedicata al Festival delle arti di Shiraz-Persepolis che si è tenuto colà dal 1967 al 1977, con alcuni allestimenti audiovisivi delle performance del Festival. Di particolare interesse anche storico era il filmato in 35mm di Kamran Shirdel Memories of destruction sugli avvenimenti della rivoluzione del 1978 che in seguito portò al potere Khomeyni. La sezione della Mostra dedicata al periodo contemporaneo ospitava un'interessante installazione multimaterica di Chohreh Feyzdjou che vuole essere una critica alla mercificazione dell'arte. Ancora più bizzarro era il lavoro multidisciplinare di Narmine Sadeg ispirato ad una storia popolare iraniana (la Conferenza degli uccelli del poeta medioevale Farid al-Din Attar), con esposti uccelli morti impagliati.

 Salendo si poteva vedere un'altra opera monumentale di Huang Yong Ping intitolata Baton Serpent (fino al 24 maggio 2015).

Da non perdere nella bella Galleria 5 era la Mostra Bellissima (fino al 3 maggio 2015). La Mostra era dedicata all'alta moda italiana dal 1945 alla fine degli anni sessanta ma voleva mettere in luce soprattutto il clima sociale e culturale di quei momenti che, partendo dal fenomeno della moda, coinvolgevano la collettività dando luogo alla fama che ancora oggi sopravvive, nonostante tutto.  Si camminava tra pedane piene di manichini con i vestiti delle più grandi firme sartoriali dell'epoca. Una vera gioia per i cultori del genere e per il pubblico femminile!

 Da visitare nelle sale al pianterreno a lato dell'ingresso c'erano The Future is now che esponeva in mostra con Combinazione di arte e tecnologia alcuni artisti coreani. Spiccavano le opere di Kim Chankyum del 2004 Water shadow 2 e di Kim Senngyoung Self portrait del 1999. Nella sala accanto c'era una bella opera di Kim Kichul Sound looking-rain 

Nella palazzina prospiciente all'ingresso, meritava di essere visitata una mostra dedicata agli oggetti del design italiano (solo fino al 4 gennaio 2015) intitolata 100% original design.

Gli spazi pubblici presenti al Museo ed il MAXXI B.A.S.E.

Se proprio non volete vedere l'interno del Museo, potete, durante l'orario d'apertura, camminare e godere degli spazi pubblici antistanti. Infatti, come è accaduto per il vicino Auditorium di Renzo Piano, anche il MAXXI è diventato meta di gente che frequenta gli spazi antistanti e relativi locali a disposizione. La frequentazione è un pò diversa, per la verità. Negli spazi antistanti prevalgono mamme e bambini, dato che lo spazio intorno al MAXXI sembra diventato un luogo dove portare i bambini a passeggio nel quartiere Flaminio o dai vicini Parioli. E' possibile entrare in una libreria dove si trova un'ottima scelta di pubblicazioni riguardanti l'arte contemporanea e ricca anche di gadgets. E' possibile frequentare, per chi ama i locali dove consumare e restare a conversare, un bel Bar/Ristorante (attrezzato per il brunch e pasti leggeri) in stile minimalista con comodi divani interni ed anche tavolini all'aperto.

Un discorso a parte merita il cosidetto MAXXI B.A.S.E., che raccoglie una Biblioteca  molto attrezzata e specializzata sull'arte contemporanea, nonchè vari Archivi per soddisfare le esigenze di curiosi e studiosi. Per l'accesso al MAXXI B.A.S.E. è però necessaria la card MyMAXXI

Come raggiungere il Museo MAXXI. Il Museo è raggiungibile con i mezzi pubblici (metro) da Piazzale Flaminio con la fermata metro A e poi con il tram numero 2 fermata Apollodoro. Scesi dal tram, girare verso sinistra attraversando la piazza e camminare verso Via Guido Reni per circa 300 metri, dopo la ben visibile Chiesa di Santa Croce. Con il mezzo privato, è possibile trovare parcheggio (a pagamento orario) negli ampi spazi davanti al Museo. Si ricorda che il Museo è vicino all'Auditorium di Renzo Piano, a sua volta raggiungibile a piedi dall'altra parte della piazza, oltre il Palazzetto dello Sport (importante costruzione dell'architetto Nervi per le Olimpiadi del 1960).