PCLinuxOS e Sabayon: due distribuzioni Linux a confronto

 

Perchè a confronto? Perchè pareccchi sono i punti in comune. Entrambe derivano da distro Linux più blasonate (Mandrake/Mandriva PCLinuxOS e Gentoo la Sabayon), sono entrambe rolling release, dichiarano essere particolarmente adatte per un uso desktop, hanno come DE di default KDE4, anche se è possibile scaricare versioni con DE alternativi e soprattutto non hanno alle spalle le risorse ed i team di altre distro più famose e, nonostante questo, hanno acquisito una notevole fetta di utenti Linux. Piccolo è bello, insomma. Tuttavia sono anche diverse. PCLinuxOS ha spinto ulteriormente una tendenza user-friendly già posseduta dalle distro da cui deriva, mentre Sabayon ha scommesso sul far diventare accessibile ai molti la più ostica, forse, delle distro Linux: la mitica Gentoo. PcLinuxOS è tutta nata in USA mentre Sabayon è un prodotto italiano. Qui si fornisce un quadro generale dei due sistemi e non si accenna più di tanto alle procedure d'installazione, di cui è possibile trovare ampia documentazione in giro per la rete.

Cominciamo con PCLinuxOS (o Pclos per gli amici). Sebbene questa distribuzione abbia un pò ritardato a mettere a disposizione (solo da aprile 2013) una 64 bit e per un certo periodo il numero dei pacchetti a disposizione erano inferiori alla versione a 32 bit, a metà 2016 si può dire acquisito il definitivo passaggio alla versione a 64 bit. Potete scegliere tra 3 versioni per il download, una anche con ambiente DE Mate mentre la classica è sempre la KDE 64 bit Full Monty. La Full Monty è, come accenna il nome, una DVD (live) di 3,7 giga che, oltre al sistema operativo, installa una marea di applicativi. Alla fine dell'installazione avrete (quasi) tutto ciò che vi serve per il vostro desktop o notebook, dal multimediale, all'ufficio e quant'altro. Anche troppo, direi. Un neofita di Linux potrebbe addirittura smarrirsi all'apertura dei menu nel vedere i programmi a disposizione. Mentre un utente più smaliziato e che già conosce cosa gli serve ha magari il problema contrario. Comunque, meglio abbondare. Certo, con questa versione vi dovete aspettare un po' di spazio occupato sull'HD (sui 9 giga) ma, almeno che il computer non sia proprio d'antan, in genere non ci sono più di questi problemi. L'installazione è semplice, livello Ubuntu. L'unico momento delicato è, come al solito, quello della scelta della partizione ma se si ha solo Windows installato non ci sono particolari difficoltà. Il bootloader di default è il GRUB 2  anche se il legacy è a disposizione solo per sistemi non uefi/gpt. PCLinuxOS è americana e si vede: non potete installare subito la versione in italiano. Va fatto dopo, facendo prima l'update del sistema e poi aprendo un'utility addlocale che installa le varie lingue. Stessa cosa per LibreOffice. Qui si lancia un'altra utility (lomanager) che però, a dispetto della filosofia dell'interfaccia grafica a tutti i costi, gira sul terminale e dà pure una serie di warnings durante la procedura che potrebbero preoccupare un neofita. In realtà la reinstallazione in italiano di LibreOffice va a buon fine senza problemi. Naturalmente questa provenienza la si paga nella documentazione dove la lingua inglese la fa da padrone, anche se c'è un ricco sito italiano dedicato a PCLinuxOS. Lo scarso o assente ricorso alla linea di comando è così radicato in PCLinuxOS che l'installazione di ulteriori pacchetti viene raccomandata solo con interfaccia grafica! Ed indovinate qual'è? Proprio Synaptic (in uso su Debian e derivate) anche se la distro in realtà sfrutta pacchetti rpm (come Fedora, OpenSuse e la ex-Mandriva). Un bizzarro connubio che caratterizza PCLinuxOS. Comunque anche il ricorso al canonico comando da terminale rpm -ivh, resosi necessario per installare driver proprietari di una stampante Epson ha dato i suoi regolari frutti. Sulla fede solo nell'interfaccia grafica non sarei così sicuro. Sarà stata sfiga ma già al primo grosso update con Synapyic è uscito un messaggio di packages cache corrotta. Rapido giro sulla Rete per la soluzione e grande è stato lo stupore nel vedere girare su un terminale i comandi canonici apt-get update e poi upgrade (tipici delle Debian) e poi partire l'installazione pacchetti .rpm come con il comando rpm! Alla fine tutto risolto. Altra curiosità: non c'è il comando sudo (per la gestione da utente con permessi root) che viene considerato roba da ubuntisti e sconsigliato per la sicurezza. Un po' talebana la decisione. Peraltro in alcuni casi, come Truecrypt per la gestione di contenitori critatti,  la mancanza di sudo può dare qualche fastidio. In tal caso è consigliabile usare Zulucrypt come GUI. Sul tema sicurezza, invece, appare spiacevolmente al login dopo il boot anche l'opzione root oltre che quella utente. Non è buona cosa, anche se facilmente risolvibile agendo sul file kdmrc di configurazione; tuttavia un neofita di Linux potrebbe già avere qualche difficoltà nel farlo. Il boot ed il sistema sono piuttosto reattivi. La gestione del sistema è agevolata dal Centro di controllo che ricalca fedelmente quello già in uso fin dai tempi della Mandrake. Sembra poca cosa ma a suo tempo quel centro di controllo era determinante per i neofiti di Linux nel far scegliere quella distro rispetto alle più esoteriche Slackware, Debian o Gentoo. Nel complesso il giudizio sulla distro non può che essere positivo, del resto confortato dal settimo posto nell'ultimo anno raggiunto dalla distro nelle classifiche delle più usate, almeno secondo Distrowatch. Molto consigliata a tutti quelli che si avvicinano per la prima volta a Linux e vogliono essere un po' diversi nella solita scelta Ubuntu, risulta molto comoda anche per i più esperti che magari vogliono installare in modo rapido un sistema Linux con una nutrita e già completa suite di applicativi per lavorare al computer.

Sabayon è italiana ma il sito ufficiale e tutorial vari sono rigorosamente in inglese. Una scelta un po' estremistica, a conti fatti. A parte questo, vediamo le caratteristiche di questa distro. Versione installata la 14.01 a 64 bit con KDE4 su DVD live. Vengono comunque offerte molte versioni con altri DE e minimali. Sabayon fa parte di quelle distro che hanno deciso di rendere più facile l'uso di Linux in ambiente desktop, modificando più o meno apertamente distribuzioni con un'aureola di 'difficile', il cui caso più conosciuto è Ubuntu come derivata Debian. Nel caso di Sabayon siamo nel campo del 'molto difficile', dato che si è partiti addirittura dalla Gentoo, cioè a dire la distribuzione con Kernel Linux più 'tosta', dove la compilazione è la regola e le configurazioni sono da fare manualmente quasi sempre. Supportate è vero da una documentazione in rete straordinaria ma pur sempre appannaggio di gente con voglia di smanettare. Sabayon ribalta questa concezione. Per farlo adotta la logica dei pacchetti binari, pur rimanendo teoricamente aperta la via Gentoo. Il sistema di gestione dei pacchetti (entropy) passa dalla linea di comando (equo) veramente semplice e potente nella sintassi, all'interfaccia grafica (rigo) per i più refrattari all'aprire il terminale. Tuttavia c'è un problema, da segnalare per evitare pericolose derive con danni addirittura alla stabilità del sistema. Del resto, nei wiki di Sabayon è ben presente questo punto. Ovvero che non è facile e non è nemmeno auspicabile far convivere insieme i due metodi, quello Gentoo (portage con emerge) e quello di Sabayon. Una volta scelto quale usare è bene farlo sempre, anche se la convivenza è possibile con particolari accorgimenti, un po' tecnici. E' speculare nel mondo *BSD a ciò che accade ad esempio tra FreeBSD e PC-BSD, quest'ultima una FreeBSD semplificata per desktop. Una volta chiarito questo fatto e senza farsi troppi scrupoli nello scegliere il sistema oggettivamente più abbordabile di Sabayon, il sistema risponde bene. Installazione senza particolari difficoltà (Sabayon usa come bootloader GRUB2). Avvio rapido e reattività nell'impiego. Solo la gestione dei pacchetti nelle nuove installazioni o negli update è leggermente più lenta rispetto a sistemi come apt-get. Poco male, anche perché ogni tanto Sabayon fa apparire messaggi in rigo al limite dell'ironia in una sorta di dialogo con l'utente sul da farsi che danno quel tocco di bizzarria ad una distro che strizza l'occhio ad un pubblico giovane. La documentazione, nei casi in cui serve, è abbastanza ricca, anche se spesso si trovano riferimenti più alla Gentoo che alla Sabayon. Un caso tipico è il sistema di gestione dei servizi, passato a  systemd, dove conviene cercare la documentazione Gentoo piuttosto che quella Sabayon. Il motore Gentoo ogni tanto si sente e crea qualche problemino nella gestione desktop. Ad esempio, KDE4 vi apre le partizioni Windows solo dopo aver chiesto l'autenticazione da amministratore, un po' scocciante per il target dell'utente cui si rivolge la distro. Altro intoppo è stato il mancato riconoscimento della stampante usb da parte di CUPS (già verificatosi con ArchLinux) ed il ricorso alle procedure (anche da me qui descritte) per il riconoscimento. Tutto risolvibile, per carità, ma bisogna passare agli interventi manuali. Sabayon, però, non è solo semplicità. Strizza l'occhio anche alle novità più succose per chi non è proprio alle prime armi. Apprezzabile è il deciso supporto degli sviluppatori al filesystem ZFS (di Oracle Solaris), croce (per ragioni di licenze GNU) per gli utenti Linux e nel contempo delizia per le sue potenzialità applicative. Altro esempio, più sul ludico, è l'installazione di default di XBMC (Xbox Media Center) per gli amanti del genere. Insomma, Sabayon ha dimostrato in questi anni di sapersi migliorare e mentre le prime versioni suscitavano qualche perplessità, quest'ultime non sembrano offrire fianco a particolari critiche. Nella classifica DistroWatch risulta al 21° posto ma, considerando le sue origini, è un ottimo risultato peraltro in divenire, dato che sembra ultimamente migliorare le sue posizioni. Quindi consigliata sia per chi si vuole avvicinare per la prima volta al mondo Linux ma anche ai più esperti che, evitando rapidamente le procedure tecnicamente più lunghe e defatiganti dell'installazione Gentoo, potranno sbizzarirsi in seguito a mantenere in piedi comunque un ambiente Gentoo, dimenticandosi un pochino la 'purezza'.

Un'ultimo accenno per entrambe le distro e che riguarda la sicurezza, soprattutto in navigazione. Tor e proxy vari sono gestiti senza problemi così come altre reti come i2p. Solo con Tor Bundle, il proxy privoxy sembra dare qualche difficoltà.

Infine, la domanda chiave. Cioè: vale la pena scegliere queste distro al posto delle più famose ed usate in ambiente desktop, in primis la fatidica Ubuntu con la sua ottima derivata LinuxMint (non a caso prima nella classifica DistroWatch)? La risposta, se legata solo ad una mera questione di praticità, potrebbe essere negativa. Tuttavia chi frequenta il mondo Linux sa che dopo una prima installazione ce n'è sempre un altra e che la curiosità a testare e provare cose diverse è nella filosofia di quel mondo. Ogni distribuzione ha i suoi fans ed anche i suoi detrattori, la politica aperta alla base dell'uso di questi sistemi operativi fa sì che gruppi di sviluppatori propongano in continuazione prodotti diversi anche se non sempre innovativi e gli utenti seguono a ruota. Qualcuno dice che questo è un limite di Linux, qualcun'altro che è la sua forza. Alla fine chi decide è però sempre l'utente che, una volta appreso il meccanismo e passata la paura delle prime volte, comincia a divertirsi e tenderà a sfruttare al meglio questa molteplicità dell'offerta.