Il film di Damien Chazelle Whiplash sul Jazz ed il suo mondo

 

Premiato con 3 Oscar: miglior colonna sonora, miglior montaggio e miglior attore non protagonista (J.K. Simmons), questo film ha suscitato nel pubblico, non solo italiano, grande interesse con commenti ai limiti dell'entusiasmo. E' veramente così? Dipende. Il film è sicuramente un bel film, ben girato e di certo il regista, giovane trentenne, ha delle qualità. Accanto però a critiche positive, qualche voce fuori dal coro fa rilevare che il film tutto è meno che un film sul Jazz. Ora questo non è completamente vero. Il film semplicemente si riferisce all'attuale metodo di preparazione professionale dei jazzisti, ormai analogo a quello dei Conservatori musicali. Pur di fantasia, l'ambientazione non può che richiamare la Juilliard School di New York. Cliccando QUI potrete vedere una serie di filmati dell'Orchestra della prestigiosa scuola: noterete che le facce, i vestiti e il modo di comportarsi richiamano molto il film che è quindi attento all'ambientazione. Il Jazz che viene eseguito è quello delle Big Band dove la parte arrangiata e scritta la fa da padrone e dove i cosidetti standard sono la base, a parte qualche opera originale. Il problema è che lo spettatore meno avvertito dovrebbe possedere un certo bagaglio per comprendere alcune cose, nascoste nella sceneggiatura e nello svolgimento del film. Tutto questo per fare la tara tra quello che appartiene al Jazz e quello che non appartiene al Jazz. Il film, infatti, può benissimo essere letto come una specie di metafora su una questione cruciale dell'insegnamento e comunque dell'abnegazione necessaria per un individuo che vuole emergere e diventare qualcuno nel suo campo d'attività. Visto da un italiano ed in genere da un europeo, il film può sembrare il solito ritornello sulla lotta tra simili per vincere nella società. Ed infatti, come qualcuno ha rilevato, se letto così potete benissimo sostituire al Jazz qualsiasi altra attività: sport, studio, professione, ecc. e il risultato non cambia. La domanda banale ma di difficile risposta è: un insegnante o un allenatore deve essere inflessibile, ai limiti del sopportabile, per riuscire a tirare fuori quello che si chiama in genere il talento di un individuo?

Quindi se letto come un film sul Jazz il film effetivamente mostra qualche crepa, rilevabile a dire il vero solo da chi segue da appassionato questo genere. Ad esempio: nel film si ripete in continuazione l'aneddoto del batterista Jo Jones che lancia il piatto a Charlie Parker perchè suona male. Ora, come è dimostrato anche da biografie recentemente scritte, non andò precisamente così. Jo Jones era solo infastidito dal fatto che Parker continuasse a suonare improvvisando dopo le 32 battute del chorus e, come è normale che accada tra musicisti Jazz, lanciò segnali per farlo smettere. Alla fine, vedendo inutili gli sforzi, lanciò il piatto (chi dice il timpano) sui piedi di Parker. Questo l'aneddoto vero. Ma altre cose sono viste in una luce che distorcono un pò l'idea che un normale spettatore del film si può fare del Jazz. Ad esempio che il Jazz sia soprattutto tecnica dove sono necessarie ore e ore al giorno di apprendistato sullo strumento, esattamente come accade nella musica classica. Però non è così: molti jazzisti sono d'accordo nel dire che la tecnica è quella cosa che una volta appresa bene la devi subito dimenticare, solo così diventi un vero jazzista. Invece nel film, con un montaggio mozzafiato comprese sangue e sudore in bella vista, il protagonista non fa altro che esercitarsi per diventare sempre più veloce... E' vero che siamo in una scuola e quindi la tecnica (compresa quella di azzeccare i tempi importantissima per un batterista) è fondamentale insegnarla. Però un insegnante che non accenna mai all'aspetto diciamo qualitativo e non solo quantitativo del suono non è per definizione un buon insegnante, non solo in musica. Ad onor del vero e a dimostrazione di come Chazelle oscilli tra ottime osservazioni e altre meno, il personaggio nume tutelare del protagonista è giustamente dato da Buddy Rich, praticamente il batterista che, nel Jazz, come dice Berendt (famoso critico e scrittore di Jazz) è stato il non plus ultra della tecnica virtuosa e dello swing solido, con i suoi stupefacenti assoli di batteria.

Il film, tra le righe, ci fa anche comprendere quanto sia cambiato il metodo attraverso cui si forma un suonatore di Jazz. Tutti i grandi del passato, compreso Parker spesso citato, si formavano semplicemente suonando in tutti i momenti possibili con le combinazioni di musicisti tra le più disparate. Praticamente un enorme scuola dal vivo collettiva che solo in un secondo momento vedeva la riflessione su quello che si era suonato, fino a codificarlo in uno stile personale o di riferimento. Oggi, è diverso ed il Jazz è insegnato con la precisione e i metodi di una vera e propria disciplina. Semmai è qui che sta la differenza tra il modo di suonare dei classici del Jazz e gli odierni; più che nella critica del maestro quando cita le conseguenze negative del 'bel lavoro' dato ad ogni cosa suonata in giro. Critica che, peraltro, qualche volta sarebbe sacrosanta.

Insomma, il film risulta qualche volta un pò ambiguo se lo prendiamo come punto di vista assoluto su cosa sia il Jazz, soprattutto ingannati dalla sua fattura comunque pregevole dal punto di vista strettamente filmico.

Paradossalmente si potrebbe dire che il film di Chazelle è proprio un 'bel lavoro', con il significato proprio tratto dai dialoghi del film. Per questo non mi si sento di dare le 4 stelle, come spesso è stato fatto dalla critica ma al massimo le classiche: ***+ 

Qui il trailer ufficiale: