Massimo Siragusa Mostra Spazio condiviso ovvero l'Italia raccontata dai Circoli

 

A Roma ogni tanto si scoprono cose nuove. Ad esempio la Galleria del Cembalo, sita nel cortile del Palazzo Borghese a Largo Fontanella Borghese. Magnifiche sale dedicate a Mostre di vario genere, il cui ingresso è spesso gratuito. In particolare, fino al 14 giugno del 2104 la Galleria ha ospitato una Mostra del fotografo Massimo Siragusa intitolata Spazio Condiviso con il significativo sottotitolo L'Italia raccontata dai circoli, curata da Mario Peliti e Paola Stacchini Cavazza. Dove i Circoli sono proprio quello che intendiamo, ovvero quei luoghi dove un gruppo di persone, con intenti, gusti e stili di vita in comune tendono a riunirsi periodicamente. Inutile soffermarsi sulla lunga tradizione non solo italiana che accomuna questi luoghi, sede di associazioni private o meno. Oggi, nell'uso comune, il circolo tende ad essere identificato con quello sportivo. Ma non sempre è stato così. Anzi. Seppure l'attività sportiva ha avuto un certo peso, spesso in altre epoche ha prevalso il circolo culturale, associativo, dopolavoristico, ecc. L'idea di Siragusa è pienamente giustificata: usare la fotografia come mezzo documentale di questa realtà, sparsa sul territorio. Solo che, appena entrati nelle sale della Mostra, notiamo subito un particolare spiazzante: i circoli, tutti e indistintamente, sono stati fotografati completamente deserti, senza le persone. Ora tutto questo può apparire un controsenso. Un circolo vive proprio delle persone che lo frequentano, non è un paesaggio selvaggio che è tanto più accattivante quanto meno è antropizzato. Eppure questa scelta di Siragusa è vincente. Intanto è una scelta fatta pienamente in linea con il suo evolversi professionale che piano piano si è spostato dai fatti agli spazi che li ospitano. Però il tutto può essere visto in un'altra dimensione. E' nota la distinzione tra luoghi antropologici e i cosidetti non-luoghi (Marc Augé). I primi conferiscono identità alle persone che lo frequentano, facendoli entrare in forti relazioni fra loro, mentre i secondi (centri commerciali, aeroporti, ecc.) no. Ecco, le fotografie di Siragusa sono paradossalmente una prova visiva di come si possa riconoscere un luogo antropologico da uno che non lo è. Infatti, togliendo le persone da quel luogo, come fa Siragusa, questo rimane comunque permeato delle relazioni e dell'identità dei frequentatori. Insomma vedendo le foto di quei Circoli senza le persone, noi siamo ancora perfettamente in grado d'immaginare il ceto sociale, lo stile di vita, le abitudini, gli interessi culturali e quant'altro delle persone che frequentano quei luoghi. E' il classico caso in cui togliendo in un'opera d'arte qualche particolare, il tutto invece di perdere, aumenta di significato. Complimenti all'autore.