Il Museo MAXXI e le opere esposte tra il 2010 ed il 2012

 

Attenzione: Le opere esposte al Museo cambiano periodicamente. Per leggere gli articoli che riguardano altri anni, ricercare nella Home page scrivendo: "opere e  <anno da cercare>" dove l'anno va dal 2010 al 2016.

 

In questo articolo, invece, sono descritte retrospettivamente alcune delle opere esposte nel corso degli anni passati: 2010, 2011 e 2012.

Se siete interessati alla struttura architettonica del Museo MAXXI (museo delle arti del XXI secolo), progettato da Zaha Hadid  ed inaugurato a Roma il 30 maggio 2010, potete leggere una mia opinione in questa sede.

ANNO 2010 all'inagurazione del Museo

Luca Vitone sonorizzare il luogo”: una serie di scatole di legno con inciso il contorno delle varie regioni d'Italia. Da ognuna esce un suono, una musica diversa. Trasmesse insieme formano un sottofondo caotico, comunque incomprensibile. L'opera sta a significare proprio lo spaesamento. E' considerata da autorevoli critici d'arte una delle opere più interessanti prodotta in questi ultimi anni.

Lara Favaretto aveva appeso una corda al soffitto, in parte costituita dai suoi stessi capelli.

Performance su video di Wannes Goetschalckx. E' un fiammingo che si contorce uscendo da una scatola di legno e poi, in un locale fatto di pareti di legno, comincia ad arrampicarsi e a muoversi da ginnasta. Si vede che il giovane (nato nel 1978) è un climber dai movimenti che usa. Tutta la performance è volutamente inserita nel contesto dell' interazione tra corpo e lo spazio.

Foto in bianco e nero di Marina Ballo Charmet. Sono 70 foto dedicate a particolari insignificanti delle nostre città e paesi. Tipo angoli di aiuole, bordi di marciapiedi, ecc. La serie di foto si chiama “con la coda dell'occhio” proprio per intendere quelle immagini che sono sempre viste ma di sfuggita, senza che mai ci soffermiamo a rivedere.

Una costruzione di Cino Zucchi e architetti intitolata “nel corpo della città”. Una specie di archi con volta da cui dall'alto è proiettato sul pavimento una pianta del centro storico della città di Roma. La città sembra così pulsare come un corpo vivo.

Quadro, come noi lo intendiamo normalmente dato che l'artista è morto nel 1970, di Domenico Gnoli, intitolato “white bed”. Un'inquietante, anonimo dipinto di una coperta bianca su un letto. Tela acrilica e sabbia i materiali usati. Ogni possibilità di coinvolgimento con ciò che è dipinto sono preclusi.

Charles Avery ha esposto tre personaggi in gesso bianco, vestiti con costumi settecenteschi. Ognuno guarda l'altro e nessuno guarda. S'intitola “mirror piece”.

Opera, a mio avviso, inquietante ma anche accattivante. Il cartellino non diceva un granchè. R&Sie(n): materiale sconosciuto. Da quello che ho trovato sul Web la sigla dovrebbe fare riferimento ad uno studio di architetti. Era una sorta di pannello nero come la pece che dava una sensazione quasi d'organico, di materia vivente, con strani becchi che fuoriescivano e lanciavano schizzi d'inchiostro. Notevole.

Grazia Toderi con “rosso”, opera del 2007. In uno schermo si proietta un gioco di immagini non ben definite, colorate sul rosso e con un sottofondo di rumori e musica. Opera fatta elaborando delle fotografie aeree.

Videoinstallazione di Bill Viola, esperto in queste forme di creatività ed intitolata “il vapore”.

Ad un punto di svincolo nel percorso museale si veniva attratti da uno strano rumore. Si vedeva un robot (di quelli usati nelle fabbriche per sostituire alcune operazioni umane) che scorreva su una parete e con un trapano la bucava casualmente. Era stata attrezzata da Diller Scofidio e altri.

Altra interessante opera “avaton 2007” di tale Nunzio. Un muro fatto con listerelle di legno una sull'altra, come in un puzzle. Da un lato il legno è integro, dall'altro è stato bruciato, prendendo l'aspetto di un qualcosa di carbonizzato.

Esempio classico di arte povera. Zorio, presentava un tubo di ethernit in piedi, appoggiato su dei copertoni sgonfi. Ovviamente l'opera è senza titolo.

Una piccola deroga all'arte contemporanea era data da un'opera di Andy Warhol (finalmente qualcuno conosciuto direte voi), datata 1980. Serigrafie della prima pagina del giornale Il Mattino con la terribile notizia del terremoto in Irpinia. La prima serigrafia è normale, le altre due sono scurite. Si intitola “fate presto”. Lo scurirsi delle pagine è un'ovvia allegoria.

Fabio Mauri (recentemente scomparso nel 2009) esponeva nel museo l'opera il “muro occidentale del pianto”. Forse quest'opera qualcuno l'ha già vista e se la ricorda. Il nome è quello del muro di Gerusalemme ma rifatto con vecchie valigie di cuoio.

Altro rappresentante dell'arte povera, Giuseppe Penone è rappresentato da un'opera acquisita permanentemente dal Museo. L'opera si chiama Linfa (esposta alla biennale di Venezia del 2007) ed è un enorme pannello in legno, cuoio e marmo che prende tutta una stanza del Museo! L'arte contemporanea ha la caratteristica spesso di non badare agli spazi. Opere così difficilmente potrebbero essere esposte nei locali dei musei tradizionali. L'opera risulta acquisita in modo permanente dal MAXXI.

Il bizzarro, che forse sarebbe piaciuto ai Futuristi, arrivava improvviso salendo una delle tante rampe che collegano gli spazi museali. Un soffio d'aria potente ti prendeva al collo e istintivamente ti giravi. L'aria usciva da un buco del muro. Opera di Micol Assael, si intitola “dielettrico” e mirava a sconcertare il visitatore.

Lucy e Jorge Orta sono piombati fino in Antartide nel 2007, luogo la cui ospitalità è a tutti nota, per costruire con le loro mani un “antarctic village no borders”. 50 tende su cui hanno cucito le bandiere di tutto il mondo, a simbolo di una speranza di fratellanza nel luogo più inospitale della terra.

Per la gioia dei simpatizzanti della Lega Nord Flavio Favelli presentava un enorme carta d'Italia unita. Unita un pò precariamente è il caso di dirlo, perchè la carta è in realtà un collage di piante stradali dei primi del '900.

Al momento dell'inaugurazione, le sale delle mostre temporanee riguardavano l'opera di Gino De Dominicis, una scultura del quale, inquietante e enorme,  era posta proprio davanti all'ingresso del museo. Un'altra, piuttosto interessante per un urbanista o un architetto o per chi ama conoscere come è stata fatta la Roma nel ventennio e fino agli anni sessanta, riguardava i progetti e l'opera dell'architetto Luigi Moretti.

Per finire due link che riguardano giudizi sulle opere esposte al MAXXI: uno fortemente critico e l'altro sostanzialmente positivo.


Al momento della visita, due delle gallerie visitabili risultavano inagibili proprio per l'allestimento di nuove opere.

Parti esterne del MAXXI, ovvero il piazzale antistante. Non c'èra più la scultura di De Dominicis e al suo posto faceva bella figura una "barca". Barca un pò speciale a dire il vero, trattandosi di una barca costruita in ferrocemento nel 1972 da Pier Luigi Nervi. Perfettamente in grado di navigare, sfidando la pesantezza dei materiali usati per costruirla. Pier Luigi Nervi fu il primo a costruirle ma oggi le barche in ferrocemento sono divenute tutt'altro che una bizzarria, come si può vedere QUI . Interessante poi una casetta in legno bianco chiamata Cabinet House dello studio d'architettura Eggertsson, d'origine norvegese. Dovrebbe essere una costruzione per un "ripiego urbano", una sorta di ritorno alla natura nel cemento delle città. QUI   una foto e descrizione della casetta proprio nel cortile del MAXXI.

A piano terra un'interessante mostra fotografica del MAXXI in costruzione, con numerose fotografie sia a colori che in bianco e nero di molti fotografi che si sono sbizzariti a trovare angolazioni documentarie ed estetiche nei lunghi momenti del cantiere del MAXXI. Cito alcuni nomi dei fotografi alla rinfusa: Martino Merangoni, Luca Campigotto, Claudio Gobbi, Andrea Jemolo, Vittore Fossati, Luciano Romano e Gianni Berengo Gardin , quest'ultimo presente con fotografie veramente pregevoli.

La Galleria 5 presentava molte novità. Erano infatti esposte opere d'autori che hanno visto premiati i loro sforzi nell'ambito del Premio Italia Arte contemporanea del 2010 e visibili fino a fine marzo del 2011.

Sul corridoio pensile  una normale cassa acustica emetteva voci risalenti alle registrazioni fatte negli anni ottanta durante il Processo giudiziario detto "7 aprile" contro l'Autonomia operaia . Processo molto discusso e che suscitò un ampio dibattito politico, come si può vedere da questo riferimento . Il processo fu celebrato nell'aula-bunker del Foro Italico, ricavata però incautamente da un goiello dell'architettura razionalista degli anni trenta di Moretti: la Sala della scherma ! Una vera anomalia a dir poco, che a tutt'oggi risulta ancora non del tutto sanata. L'artista Rossella  Biscotti, attraverso un'installazione sonora in loop continuo di 8 ore e l'esposizione di alcuni pezzi in cemento e altro materiale ricavati dalle infrastrutture necessarie per trasformare la sala della scherma in un bunker iper-protetto, mette in risalto proprio la continua sovrapposizione diacronica tra struttura e storia, per cui un edificio si adatta alle contingenze sociali e della cronaca vissuta.

Installazione audio-visiva "The hidden conference" di Rosa Barba,  che metteva in risalto un annoso problema della conservazione delle opere d'arte antiche nei musei, spesso tenute in magazzini non visibili al pubblico e quindi "nascoste", mai usufruite dal pubblico.

Nello spazio antistante la splendida vetrata della "vela" del museo, Piero Golia (notizie su di lui QUI ), esponeva una serie d'opere tese a focalizazre l'attenzione sul rapporto esistente tra istituzione museale e pubblico ("Untitled -carpet", "Oh my God that's so awesome", "On the edge"). Una curiosità su quest'artista, nato nel 1974. C'è un sito ufficiale suo; provate ad andarci però e avrete una sorpresa di una  performance in rete, degna dell'arte contemporanea e che credo sia voluta e non casuale.

Infine, Gianluca e Massimiliano De Serio presentavano "Stanze", dedicate ad un incontro con un gruppo di ragazzi somali rifugiati politici da cui scaturisce una "catena poetica" che riassume la loro esperienza da rifugiati.

La sala al pianterreno  era dedicata ad una mostra su Pier Luigi Nervi, ingegnere e grande progettista di infrastrutture urbane della seconda metà dello scorso secolo. Si segnala che, proprio a poche centinaia di metri dal MAXXI, è possibile ammirare due costruzioni da lui progettate: lo Stadio Flaminio e, molto originale nella sua struttura ad "ombrello" con i pilastri a forma di "Y", il Palazzetto dello Sport. Per chi fosse interessato ad un approfondimento tecnico e specifico sulle soluzioni costruttive ivi adottate è possibile scaricare da QUI  un utile file in formato  .pdf


Fino all'estate 2012 nel piazzale antistante il Museo era possibile vedere due opere: una coinvolgente Towards tomorrow, cioè una sorta di vela multicolore fatta con abiti (soprattutto di bambini) appesi a dei fili di Kaarina Kaikkonen (nata nel 1952) e appositamente realizzata per il Museo con indumenti donati dagli abitanti del quartiere, per un coinvolgimento collettivo all'opera d'arte; l'altra, fatta con la rafia di Fernando e Humberto Campana, una sorta di enorme zampa d'animale appoggiata all'ingresso del Museo.

Ora l'interno. Dopo l'ngresso con il biglietto, subito a sinistra in un angolo, si poteva vedere fino a maggio 2012 Music on bones. Non era una vera e propria opera d'arte, piuttosto una cruda testimonianza storico-sociale tra il grottesco, il macabro ed il drammatico. Da una ricerca fatta da Xenia Vytuleva e Eduardo Cadava, erano esposte alcune radiografie umane ritagliate come fossero dischi ed in grado di riprodurre la musica. Infatti, durante la guerra fredda, vietata la riproduzione dei successi musicali occidentali, si usava clandestinamente questo espediente da un master per sentirli. Sconcerta sapere che il solo possesso di una copia di questi dischi su radiografia era punita con una reclusione da 3 a 7 anni!

Sempre a piano terra e fino a maggio 2012 era visibile una mostra molto interessante sul problema del riciclaggio dei materiali di scarto, intitolata RE-CYCLE Strategie per l'architettura, la città e il pianeta. Plastici, video e informazioni su tutta una serie di recuperi nel mondo di luoghi devastati o dismessi e recuperati con abile opere d'ingegneria e architettura.

Da giugno 2012 a piano terra era invece visibile la mostra YAP MAXXI 2012. Una sorta di gara dei giovani architetti emergenti internazionali. L'opera vincitrice è stata momentaneamente esposta negli spazi esterni al Museo.

Sempre a piano terra da giugno 2012 e fino a gennaio 2013, nella sezione Centro Archivi, si poteva visitare la Mostra dal titolo l'architettura può esssere poesia? basata sulla Tomba di famiglia Brion (quellli degli elettrodomestici Brion Vega) a San Vito d'Altavitole, progettata dal geniale Carlo Scarpa nonchè relative fotografie dedicate all'opera architettonica dal fotografo Guido Guidi. Carlo Scarpa era famoso per la precisione e la bellezza degli schizzi che faceva durante la progettazione e che qui sono riportati. In fondo alla sala della sezione Centro Archivi, c'era uno schermo a touch screen dove era possibile vedere in retrospettiva le mostre del Centro.

Salendo verso le gallerie, il Museo dedicava ampio spazio al Tridimensionale come riflessione tra spazio e oggetto. Facevano parte di questa sezione:

- Bronzefrau n. 10 di Thomas Schutte (2002), accattivante statua in bronzo che si potrebbe definire quasi figurativa;

- Untitled  1998 di Juan Munoz, una deliziosa figura asiatica in un'ottica sostanzialmente figurativa e realistica;

- Untitled (2003) di Franz West, una scultura sui toni del giallo fatta di cartapesta per lasciare libero lo spettatore d'interpretarne il senso;

- Cilindro due dischi di luce (1968) di Maurizio Mochetti, opera non recente ma ancora avanguardistica;

- opere di Remo Salvadori: Nel momento (2009) un magico quadrato di piombo, Stanza dei verticali (1995-200) arguta costruzione in rame e acciaio con evidenti riferimenti al teorema di Pitagora, Continuo infinito presente (2007), Lente liquida (1998), il recentissimo Alveare (2011-2012) fatto di barrette di rame su muro e Attraverso il vetro (2002).

Marisa Merz (Torino, 1926) era presente con una nutrita serie di opere tra cui spicca Cartoni Blu (senza titolo) del 2010, inquietanti figure azzurre.

Claudia Losi esponeva Etna Project (2001), ovvero ricami prodotti con una partecipazione collettiva della gente del posto e quindi opera corale.

Kara Walker, artista afro-americana, aveva esposto For the benefit of all mankind (2002): una proiezione su tela di figure stilizzate nere, carica di simboli contro l'emarginazione razziale.

Rosemarie Trockel esponeva senza titolo (2002), opera lavorata a maglia su modello disegnato al computer per significare la sintesi tra lavori artigianali fatti a mano e tecnologia.

Poi c'era una divertente opera Western round table (2007) di Rosa Barba, consistente di due vecchi proiettori da 16mm che emettono tra l'altro suoni ripetitivi. Il titolo fa riferimento ad una celebre conferenza del 1949 tra Duchamp e Lloyd Wright sull'arte moderna e vuole ricordarci la rapida sostituzione tecnologica come caratteristica del mondo attuale.

Torniamo un pò indietro nel tempo con Ketty La Rocca (morta nel 1976) esponente della corrente della poesia visiva con alcune opere esposte del 1967-'69 (e..., consensi/di carattere, era quasi buoi tre punti).

In una sala buia a parte due fari si accendevano a tratti per attirare l'attenzione. Si trattava di una vera automobile, un' Alfa Romeo GT ed il titolo dell'opera di Elisabetta Benassi è proprio Alfa Romeo GT veloce (2007). L'auto è lo stesso modello di quella guidata da Pasolini la notte che è stato ucciso e tutta l'ambientazione dell'opera richiama proprio l'ambiguità di quell'omicidio.

Nella sala contigua, Giuseppe Penone è rappresentato da un'opera acquisita permanentemente dal Museo. L'opera si chiama Linfa (esposta alla biennale di Venezia del 2007) ed è un enorme pannello in legno, cuoio e marmo che prende tutta una stanza del Museo! L'arte contemporanea ha la caratteristica spesso di non badare agli spazi. Opere così difficilmente potrebbero essere esposte nei locali dei musei tradizionali.

Lucy + Jorge Orta attraevano l'attenzione con le opere Spirito, Domes Dwelling e soprattutto Fabulae romanae, un suggestivo video dove proprio alcune delle strutture che si vedono in sala sono state portate in giro per la Roma storica.

Fino a giugno 2012 era possibile vedere una serie interminabili di tavolini di legno messi uno sopra l'altro a coppie e serrati fra di loro con della terra, dove si era costretti a camminare tra essi, quasi in una sorta di labirinto. Opera di Doris Salcedo (1958)  Plegaria Muda (2008-2010) e cha fa riferimento a una tragica vicenda in cui sono rimasti uccisi dall'esercito della Colombia 1500 persone.

Le stesse sale, invece, da giugno 2012 e fino a tutto marzo 2013 è stata occupata dalla Mostra Modelli (Models) del MAXXI Architettura Collezione. Era dedicata all'importanza del modello come atto preparatorio tra progetto ed opera architetonica realizzata, in un'era di smaterializazzione (uso di progettazione al computer) dove però l'uso del modello resta sempre valido. Nelle ampie sale si vedevano modelli delle opere dei grandi architetti (la Hadid stessa, De Carlo, Fuksas, Del Debbio, Nervi, ecc.) e dei grandi studi d'architetti (Startt, lan+, 5+1AA, ecc). In fondo alle sale c'era una parete con schermi su cui vedere ed ascoltare interviste a questi grandi progettisti. 

Accessibile con il biglietto acquistato, a piano terra verso l'ingresso principale si poteva, fino a maggio 2012, visitare la mostra fotografica di Pieter Hugo (sudafricano) sul grosso problema della e-waste (smaltimento rifiuti tecnologici) che sono spediti dall'occidente in Africa con tragiche conseguenze, ben documentate nella discarica di Agbogbloshie dal fotografo in questione. A dir poco sconcertanti, le immagini contrastavano e in un certo senso facevano da pendant con l'altra mostra sulle aree del riciclo già vista.

Seguiva in una saletta Spelling Dystopia, un video di Fischer & El Sani su un'isola artificiale di cemento in Giappone, dove vivevano fino al 1974 più di 5000 addetti ad una mineiera di carbone ed ora abbandonata.

Da giugno 2012 in queste sale era possibile visitare una mostra fotografica di Paola De Pietri dedicata ai luoghi di montagna teatro di scontro tra Austriaci e Italiani durante la Prima Guerra Mondiale.

Sempre a piano terra ma visitabile  senza il biglietto fino a maggio 2012, era stata allestita la mostra Peripheral Stages di Mohamed Bouronissa e Tobias Zielony, fatta di foto e Lightbox sull'esperienza della marginalità sociale. 

Fino a tutta l'estate 2012, la sala a piano terra senza biglietto ha ospitato le opere direttamente realizzate al MAXXI nel mese di giugno 2012 con l'Acting out e dedicata alla Performing art italiana. Le opere sono state realizzate da Alex Cecchetti, Bruna Esposito (Paesaggio) e Marzia Migliora (Capienza massima). Era visitabile anche una sala con libri e riviste attinenti alla Performing art e scelte personalmente dagli artisti.

Infine, fino ai primi del 2013 le sale a pianterreno vicino all'entrata hanno ospitato opere di Grazia Toderi intitolate Mirabilia urbis 2001 ed altre più recenti come Rosso 2007 ed altre intitolate Mirabilia urbis 2012 e Atlante rosso del 2012. Tutte le opere sono video proiezioni in cui la visione notturna di Roma fluttua orbitando su se stessa. Il Video è basato su un suono persistente che accompagna queste grandi proiezioni. Si tratta di Roma ma la visione che ne risulta sembra avere a che fare con un film di fantascienza nello spazio. Molto suggestive e forse una delle cose più interessanti allestite finora viste nel Museo.