The Artist: un film muto nell'anno duemila

 

Ecco un altro film che suscita negli spettatori opinioni molto contrastanti. Candidature ed Oscar come se piovessero, premi e altro. In più il regista, Michel Hazanavicius, non particolarmente famoso e praticamente alla sua opera prima, già capolavoro. Insomma, gli ingredienti per la discussione ci sono tutti. Partiamo dalle critiche. Spettatori ed anche alcuni critici cinematografici contestano il film sostenendo che, alla fin fine, trattasi di opera commerciale abilmente confezionata. Uno dei tanti prodotti a tavolino dell'industria culturale di massa che il buon Marcuse tuttavia diceva di non trascurare, in quanto richiede molta abilità professionale nel crearla. L'origine di regista televisivo di Hazanavicius potrebbe confermare in parte questa tesi. Questo i detrattori. Gli entusiasti sottolineano invece il fatto che il solo pensiero di presentare un film muto alle grandi platee oggi, in un'epoca di effetti speciali ovunque nelle pellicole e per di più avendo successo, dimostra che il regista ha del geniale. A ben guardare, però, le due motivazioni sono sostanzialmente identiche, in quanto successo e prodotto a tavolino non si contraddicono, anzi.
Un bel dibattito insomma. Per dirimere la questione, è necessario fare riferimenti, come dire, intellettualistici. Quando ci vuole, ci vuole. Il punto da cui partire è il libro di Barthelemy Amengual: Per capire il film (edizioni Dedalo). Nel libro si fa ampio riferimento ai contenuti del muto. Rifarsi al cinema muto non è infatti puro esercizio intellettuale: significa comprendere importanti elementi costitutivi dell'arte cinematografica. Tanto che dobbiamo domandarci: il film muto è veramente muto? In realtà, viene solamente esclusa la parola udibile ma per porre il tutto ad un più alto livello di coerenza. Di fatto non è il cinema che è muto: è lo spettatore che è sordo. Insomma: si rinuncia ad una parte del reale per viverlo solo attraverso gli occhi. In questo contesto, la musica che ha un significato particolare. La musica aiuta lo spettatore a ritrovare il silenzio. Si crede erroneamente che serviva a coprire il rumore della macchina da proiezione ma in realtà serviva a coprire il cicaleccio degli spettatori, costretti a stare zitti. Li costringeva a concentrarsi sulle immagini e guardare senza commentare con il vicino la proiezione. Oggi, con il sonoro, i commenti musicali sono più limitati, perchè dovendo seguire i dialoghi nessuno si sogna di eccedere in borbottii durante una visione di un film. Inoltre, la musica si presentava da fuori, non era inserita nella colonna sonora della pellicola come oggi e c'è una bella differenza. Come diceva Renè Clair: gli eroi dello schermo parlavano all'immaginazione con la complicità del silenzio. Con il cinema muto lo spettatore aveva molto da inventare ed il fascino era proprio questo rispetto ad altre arti come la pittura. Lo spettatore doveva immaginare timbri, rumori e quant'altro. Soccorrevano le didascalie, è vero. Queste avevano funzione o psicologica (traducevano come si fa a teatro ciò che il personaggio pensa), oppure utilitaristica. Cioè anticipavano l'evento, creavano un'atmsofera d'attesa, sovrapponendosi all'immagine. Sostanzialmente tutto questo faceva sì che il cinema muto era volontariamente monco rispetto ad una vocazione al racconto (niente sonoro) ma questa infermità era foriera di una polisemia narrativa che accresceva invece di diminuire la fedeltà al mondo descritto, proprio perchè costringeva a continua opera di disambiguazione. 
Credo che sia sufficiente questa digressione. Riconsiderate alla luce di tutto questo la visione del film, oppure vedetelo sotto questi aspetti e capirete che c'azzecca in pieno. Certo, qualcuno sostiene che se si vuole veramente vedere il fascino del film muto, basta guardarsi alcuni capolavori di quel periodo e non c'è certo bisogno di farne uno nel 2011 che assomiglia ai bei tempi andati. In effetti, il film sembra proprio avere questo aspetto didattico di sdoganare sensazioni ormai passate presso gli spettatori dell'oggi, per far riflettere su aspetti essenziali del racconto cinematografico. Certo, i cinefili più accaniti sorrideranno di tutto questo. Però l'operazione di Hazanavicius ha comunque il merito delle opere divulgative, oggi in voga in molti settori dell'arte e del sapere. Una parentesi ma una parentesi gustosa.

Il trailer: