Conrad vede con gli occhi dell'occidente

 

Conrad è un grande autore. Questo libro non è tra i suoi più famosi, eppure è un libro che va letto. Trama e curiosità si possono trovare QUI.

Il personaggio più interessante è quello di Razumov. Questo personaggio fa la differenza perchè a mio avviso costituisce un profilo quasi sociologico del borghese preda del rancore verso il potere costituito ma incerto e indeciso sul da farsi. Siamo nel 1911 e ancora non sono sorti movimenti di massa conservatori. Tra poco, grazie alla tremenda fucina di rivolgimenti che fu la prima guerra mondiale, qualche personaggio sposterà l'attenzione dalla sinistra massimalista (in cui la violenza faceva parte del gioco) alla costruzione di un nuovo movimento caratterizzato da spirito di rivolta ma decisamente fuori dagli schemi del movimento operaio della fine ottocento e del primo novecento. La psicologia di Razumov potrebbe rappresentare esattamente una sponda dove pescheranno questi movimenti. Stiamo parlando ovviamente del fascismo. Razumov vorrebbe ribellarsi al potere ma non comprende l'idea che sta dietro alla figura di Haldin, la sente estranea e alla fine decide che lo tradirà. Però la sua ribellione rimane nascosta, sottilmente in bilico tra obbedienza all'ordine costituito e volontà di fare il grande passo verso la rivolta. Il magma che si cela dietro la figura di Razumov, scorrerà in una nuova versione dopo un decennio prima in Italia e poi in Germania.

Frase di riflessione dal libro: " Che cos'era la felicità'?...la felicità era pensare al futuro...pensare con brama all'appagamento di un desiderio, di un amore, di un ambizione..."

Da notare il legame tra felicità, desiderio, amore e ambizione. Cioè, come a dire che è possibile ipotizzare che l'uomo sia dominato da questo processo: dagli stimoli (di riproduzione, alimentari, sicurezza ecc.) verso l'appagamento dello stimolo originario. Tuttavia l'appagamento trova presto, nella storia evolutiva sociale dell'uomo, una forma particolare, dovuta alla caratteristica della specie di sviluppare una cultura dell'appagamento dei bisogni primari e non; ovvero l'appagamento trova una sua cristallizzazione tutta umana che è il desiderio, vera forma culturale dello stimolo-risposta biologico. Da ciò discende il fatto che il desiderio è un contenitore di stimoli, in senso antropologico-culturale; ovvero il contenitore può essere riempito in vario modo secondo criteri tecnologici-culturali; la stessa cosa è dire che il desiderio è evolutivamente connesso con i mezzi materiali di produzione. Così facendo, però, il desiderio si è svincolato nel corso dei secoli e soprattutto nelle società occidentali dall'obbligo di essere necessariamente originato da uno stimolo biologico. Tuttavia il desiderio  è per sua stessa formazione proiettato nell'universo temporale, cioè nella coscienza del trascorrere, del passato-presente-futuro. Se così e', il desiderio può trovare la sua più piena esplicazione solo se teso al futuro: un desiderio immediatamente risolvibile, appagabile, diventerebbe un controsenso. Il piacere, nell'uomo, è sottilmente collegato al gioco tra adesso (in cui nasce lo stimolo da soddisfare) e momento della soddisfazione che, in molti casi,  è volutamente ritardato, per meglio godere della soddisfazione stessa (basti pensare ai giochi erotici). Allora, FELICITA' è quell'attimo che è correlato al desiderio in modo inversamente proporzionale rispetto al parametro tempo (ritardo della risposta rispetto allo stimolo). Solo il futuro quindi è sede piena dell'appagamento felice di uno stimolo. Non possono esserlo il passato e il presente?

Il passato è  sede della memoria di una felicità mentre il presente è sede dello 'stress' dell'attesa di una felicità Sarebbe interessante approfondire quest'aspetto felicità=futuro nella varie dimensioni culturali e sociali della storia umana. Ad esempio, molte religioni rimandano ad un futuro molto al di là da venire, addirittura dopo la morte fisica, proprio quella felicità massima che si cerca: come dire che in tali religioni felicità e futuro si accomunano concettualmente. Per i legami tra desiderio e stimoli sarebbe invece interessante notare che molte forme di contestazione ai 'modi' in cui oggi si soddisfa un desiderio (consumismo) si rifanno proprio ad un tentativo di ripercorrere all'indietro il percorso, fino a cercare di far coincidere stimolo e desiserio (molte forme di ascetismo prevedono la soddisfazione di bisogni elementari solo nei minimi termini e nello stretto necessario). Tale formula si ritrova, seppure più velatamente, in certe posizioni degli ecologisti. Infine, si potrà notare come la concezione del tempo, cioè  di un passato che diviene presente che poi diviene attesa di un futuro potrebbe benissimo essere stata originata da una consapevolezza, evolutasi con la specie umana, del differenziale esistente tra attimo di nascita di un desiderio e sua soddisfazione, nonchè del suo ricordo successivo (peraltro necessario per confrontare livelli di soddisfazione raggiunti con desideri simili o diversi). Se cosi' fosse, il tempo sarebbe una convenzione per misurare desideri e appagamenti e le convenzioni devono sempre avere i loro codici (ovvero le misure del tempo).