I geni egoisti di Dawkins

 

Dawkins ha avuto grande successo con quest'opera. La fortuna è legata alla parola memi o meme (da cui poi sono scaturiti i cosiddetti memi digitali o di internet). Diciamo che è stata a suo tempo un'opera che ha aperto prospettive interdisciplinari e ha suscitato molti interrogativi. Oggi, interrogativi se ne propongono pochini in verità. E' considerato un genetista estremo e certo a leggere il libro non se ne esce molto rassicurati dal fatto che siamo solo  'contenitori per replicanti stabili'. Alla faccia dei sentimenti!

Comunque il contenuto del libro è affar vostro, in quanto è necessario averlo letto o almeno fatevi un'infarinatura veloce (la rete serve molto a questo) dando un'occhiata QUI.

Sottolineo solo che da queste sue ipotesi Dawkins ha ricavato una bizzarra ma affascinante teoria sui 'memi egoisti', degna conseguenza del suo primo approccio ai temi genetici.

Qui traggo spunto dalla lettura del libro per fare un pò di riflessioni.

Si parta dal concetto che oggetto della percezione siano i rapporti tra le cose, il loro ordine  e le leggi che regolano queste relazioni.

Questi rapporti sarebbero i veri noumeni, i veri oggetti della percezione. Insomma, detto in altro modo la percezione non attiene agli oggetti alle 'cose' fisiche ma a relazioni, ad individuazione di rapporti.

C'è una bella differenza con il concepire la percezione un fatto 'fisico' dato dai sensi e quella di dire che una percezione attiene alle relazioni. Infatti, nel secondo caso la percezione non è più un atto primigenio ma è già una costruzione mentale, ovvero ha a che fare con la fisologia tra sensi e mente. Potremmo quindi dire che la percezione è già un modello del reale. Una curiosità: che questa teoria possa essere veritiera proviene dal fatto che le famose 'illusioni' che ingannano i sensi in realtà servono ad ingannare alcune relazioni che noi diamo alle percezioni. Per esempio la prospettiva: è un inganno alla percezione delle cose che ha alla base, almeno per l'occhio umano, la relazione inversamente proporzionale tra spazio e 'grandezza' della cose. Più una cosa è distante più 'deve' apparire piccola. A questo punto sarebbe interessante derivarne il fatto che il 'modello' della percezione è anche una simulazione del reale. E' indubitabile che i due concetti camminino a braccetto.

Da qui, si potrebbe recuperare la tesi dei genetisti estremi (come Dawkins) che associano i comportamenti (quindi la percezione quando diviene dinamica cioè diviene azione) degli esseri viventi (tutti, nessuno escluso) ad una sorta di programmazione dei corpi da parte dei geni che, attraverso essa, cercano di 'indirizzare' la macchina-corpo verso lo scopo della massimizzazione genica, ovvero i corpi-mente simulano conseguenze dell'azione rispetto agli stimoli dell'ambiente per evitare di avere brutte sorprese.

Ovviamente la capacità simulativa è gerarchica rispetto alle specie e cresce nella scala evolutiva (D. pensa addirittura che il cervello umano simuli sè stesso creando un modello di sè e questa sia quella che diciamo consapevolezza o coscienza).

Portando all'estremo il ragionamento si perviene, quindi, al fatto che la percezione costruisce un modello del reale su cui simula comportamenti. Notare che questo ragionamento esclude che una percezione sia, come dire, autoreferenziale. Cioè una percezione è sempre legata ad una azione, non è finalizzata a sè stessa, sarebbe la violazione di un principio genetico.

Gli esseri viventi sono fatti per fare, agire o al massimo per reagire e non per speculare. L'uomo non fa eccezione. Tutto questo porta inevitabilmente ad un relativismo direi 'specico', cioè ogni specie del vivente ha un proprio modello del reale e una propria simulazione per predire le conseguenze di un'azione. Attenzione però: l'associazione che porta a dire che ad una scala evolutiva maggiore (quindi modelli più complessi del reale) s'associa una comprensione maggiore del reale non è del tutto esatta. Infatti ogni modello è esatto per la specie data ed ogni simulazione è adatta alla specie data. Formiche, api o ragni hanno in questo capacità analoghe all'uomo, anzi forse pure di più.  E' comunque essenziale capire che una percezione 'assoluta' di una cosa non esiste.

Soprattutto grazie all'etologia oggi sappiamo che anche concetti banali come caldo o freddo non possono essere considerati assoluti. Infatti, un tricheco ha una concezione molto diversa dalla nostra su ciò che è caldo e ciò che è freddo, appunto perchè il suo modello percettivo di caldo/freddo è basato su relazioni totalmente differenti dalle nostre e la simulazione che ne deriva mantiene queste differenze.