Silvana Patriarca e il bel libro su italiani, italianità e formazione del carattere nazionale

 

Un libro di Silvana Patriarca ci può aiutare a fare un pò di luce su un tema ritornato attuale in questi tempi di crisi: quali sono le caratteristiche degli italiani e, soprattutto, cos'è questa cosa chiamata ''italianità"? Il libro tratta proprio della costruzione del carattere nazionale degli Italiani. Lei insegna storia europea alla Fordham University di New York.

L'argomento è di quelli che stimolano ed è consigliabile per vari motivi. Non ultimo per il tono distaccato dell'autore, lontano dal fracasso ben noto delle nostre discussioni su qualsiasi argomento, televisive e non. Ricco di bibliografia, denota l'accuratezza della ricostruzione. E' talmente scritto con un metodo chiaro che se leggete solo le Conclusioni alla fine del libro, avrete un quadro sintetico ma preciso di tutto il contenuto. Il titolo intero riporta Italianità la costruzione del carattere nazionale, editore Laterza. Direi che sia il caso di dargli un'occhiata. 

Il libro ripercorre, dopo una premessa metodologica importante e vedremo perchè, l'argomento del cosidetto carattere nazionale dall'Unità d'Italia fino ai nostri giorni. Leggendo, si ha la sensazione che non siamo messi bene. Per niente. Pur con varie sfumature, tutta una serie di osservatori, intellettuali o meno, hanno picchiato piuttosto duro sul nostro carattere. Critiche molto aspre, che sono venute sia da schieramenti di destra che di sinistra, questo è il bello. In tutto questo, gli Italiani  (ma esistono?) sono passati indifferenti e hanno abbracciato l'unica, forse, nota positiva emersa dai grandi osservatori delle cose nazionali. Cioè quell'Italiani brava gente che sintetizza efficacemente la difesa e l'auto-assolvimento dopo il fascismo delle colpe italiche fatto da Benedetto Croce, uno dei pochi a difendere l'italianità.  Mentre è interessante vedere Gobetti, Gramsci e dall'altra parte Mussolini sparare osservazioni non proprio amichevoli sul comportamento ed il carattere degli italiani.

Ma cosa si rimprovera alla gens italica? Dipende. Dipende dalle epoche in cui le critiche sono state fatte. Il trend delle critiche può essere sintetizzato, dall'Unità in poi, in alcuni concetti-chiave che hanno riassunto le osservazioni malevoli. Si va dall'ozio (vizio italico condannato ai tempi dell'Unità), all'individualismo (lo meo particulare di Guicciardiniana memoria), al mammismo (stupendamente descritto nei film della commedia all'italiana). In mezzo, il trasformismo nella politica, il sud ed il meridione come metafora dei vizi e difetti italici, fino all'accusa di effeminatezza del carattere italico, da cui una propensione ad essere un popolo un pò vigliacco e poco guerriero, anche quando sarebbe stato il caso. Poi, accuse più articolate, in primis quello di un popolo tipicamente familista, da cui lo stereotipo del popolo tipico per la tesi del familismo amorale di Banfield. Questo introduce il discorso sugli stranieri, cioè di come ci hanno visto gli altri. Più o meno con i difetti che abbiamo già elencato. Già, perchè è straordinario ma è proprio così. In genere, i critici dell'italianità hanno sempre concordato con gli stranieri, invece di difendere.
A difesa del discorso sull'italianità negativa, accorre però, come tende a sottolineare robustamente la Patriarca, il problema metodologico insito nel giudicare periodi storici o un'intera società sul parametro dei caratteri nazionali. Ed essa ci avverte che la storiografia più recente, a livello accademico, ha di molto ridimensionato l'apporto di questo parametro nello studio della storia di una nazione, diversamente dall'ottocento che ne faceva un caposaldo. Questo perchè l'enfasi sul carattere di una nazione può portare a sottovalutare la discontinuità della periodizzazione storica, riunendo tutto dentro un calderone continuo del "non cambia nulla alla fine".

Il solito discorso e il solito problema quando si studiano le vicende umane: vederne le differenze o le somiglianze? Direi che questo dilemma sia cruciale e distingua la Storia dalle altre discipline che studiano il sociale. Sarebbe un discorso troppo lungo da affrontare.

Torando a noi, la lettura del libro, secondo me, rafforza alla fine una considerazione da applicare agli eventi attuali. Ovvero: è la classe politica il male di un'Italia che, in effetti, comincia a balbettare e non va più o sono gli italiani stessi i protagonisti di quest'andazzo? Ardua la risposta. Anche perchè tutto un settore dell'informazione tende a creare quel clima dell'antipolitica (termine molto più complesso di quello che si possa immaginare) nel quale l'italiano medio tende ad auto-assolversi e a mettersi la coscienza in pace.  Chi rovina tutto sono gli  altri, mica io.  Questo il messaggio che rischia di passare. Il bello è che in questa antipolitica sono all'avanguardia proprio i settori che dovrebbero recuperare la politica. Non faccio nomi ma è evidente di chi parlo. Direbbero, sì ma noi vorremmo un'altra politica. Sarà, però nel gioco al massacro, la gente capisce che il capro espiatorio lo si può caricare all'infinito e si può continuare a fare come se niente fosse.

Qui è possibile leggere in formato .pdf un'ampia sintesi del libro a cura di Maria Pia Casalena: