Schopenhauer e retorica

 

Se volevate far arrabbiare Schopenhauer dovevate parlargli bene di Hegel. Lo detestava e, secondo me, non aveva tutti i torti. A quell'epoca parlare male di Hegel è come se oggi... francamente non mi viene il paragone. Oggi tutti parlano male di tutti, liberamente.

Torniamo a noi. Il piccolo manuale l'arte d'ottenere ragione, pubblicato da Adelphi (1992) serve ad avere ragione nelle discussioni.

38 sono gli stratagemmi che Schopenhauer consiglia per avere ragione. Qui faccio un elenco di quelli che mi sono apparsi più interessanti.
Prima però bisogna riportare un'importante premessa metodologica dell'autore. Egli ci avverte che innanzitutto è necessario considerare ciò che è essenziale in ogni disputa.
Ora, per confutare la tesi dell'avversario, ci sono due modi e due vie. I modi sono: ad rem (la tesi non concorda con lo stato delle cose), ad hominem (non concorda con altre affermazioni dell'avversario) o ex concessis (è un'affermazione relativa che non dice nulla di vero). Le due vie sono: confutazione diretta (attaccare la tesi nei fondamenti) e indiretta (attaccare la tesi solo nelle sue conseguenze). Nella confutazione diretta è possibile: o mostrare che i fondamenti dell'affermazione sono falsi oppure ammettere i fondamenti ma non le conseguenze. Nella confutazione indiretta adoperiamo o l'apagoge o l'istanza. Nell'apagoge assumiamo la tesi come vera, poi la si associa ad altra proposizione vera e si vedono le conseguenze usando un sillogismo da cui discende una conclusione palesemente falsa che contraddice la natura delle cose o le affermazioni dell'avversario, dimostrando che la tesi di partenza era palesemente falsa. Nell'istanza la confutazione della tesi generale avviene mediante indicazione diretta di casi compresi nella sua enunciazione, per i quali però non vale; quindi la tesi generale è falsa. Bisogna digerire un pochino queste metodologie, specie della confutazione indiretta.
Per gli strategemmi segnalo questi:
- ampliamento: portare l'affermazione dell'avversario fuori dai suoi limiti naturali interpretandola nel modo più generale possibile, mentre si restringerà la propria affermazione nel senso più circoscritto. Infatti, tanto più un'affermazione diviene generale tanto più presta il fianco ad attacchi;
- se un'affermazione è presentata in modo relativo, renderla universale o almeno intenderla sotto altro aspetto e poi confutarla in questo secondo senso;
- non lasciare prevedere all'avversario la conclusione di un'affermazione;
- suscitare l'ira dell'avversario. E' una cosa facile ed è usatissima oggigiorno, specie nei dibattiti televisivi;
- far accettare una tesi all'avversario presentando una tesi opposta palesemente stridente e lasciare a lui la scelta,in modo che egli per evitare il paradosso, accetterà automaticamente la nostra;
- anticipare in modo impertinente una conclusione dell'avversario secondo il nostro punto di vista senza che essa concordi con quella dell'avversario. Se l'avversario è timido e si sarà sufficientemente impertinenti (anche alzando la voce), l'avversario non reagirà (anche questo stratagemma è usatissimo in televisione);
- se vediamo che l'avversario sta argomentando in modo che ci batterà, non dobbiamo consentirgli di portare a termine la discussione, interrompendolo o sviandolo dal continuare (altra tecnica usatissima nei dibattiti televisivi);
- cercare di esagerare la portata della tesi dell'avversario, inducendolo ad allargare sempre più la portata della sua affermazione, fino a quando la stessa, magari vera in un certo ambito, non lo sarà più in altri. Alla fine la tesi sembrerà falsa tout court;
- se l'avversario s'adira a sentire un certo argomento, bisogna insistere su questo (anche qui abbiamo maestri in televisione);
- avanzare un'obiezione non valida alla tesi avversaria dove solo esperti nel campo dell'oggetto della discussione possono accorgersene. Meglio se l'obiezione contiene qualcosa che suscita ilarità negli ascoltatori. Farli ridere significa portarli dalla nostra parte (da usare solo se la platea è fatta da incompetenti);
- se ci si accorge di venire battuti, cominciare a parlare ad un tratto d'altro come se fosse pertinente alla discussione e contro l'avversario;
- usare l'autorità al posto delle motivazioni nella discussione. Ovviamente questo funziona meglio con platee incolte, in quanto più la platea è colta e meno è sensibile all'autorità. Platee incolte sono invece sensibili agli esperti d'ogni genere e alle citazioni retoriche, specie se pronunciate in altra lingua;
- se ci si sente battuti, ci si dichiari ironicamente incompetenti e incapaci di capire le tesi dell'avversario (funziona solo se si sa che la platea ha più stima di me che dell'avversario). Infatti, la platea si convincerà che la tesi dell'avversario è insensata perchè io non la comprendo;
- ricondurre l'affermazione dell'avversario ad una categoria di pensiero in genere considerata dalla platea negativa (ad es.: "questo è idealismo", "questo è ateismo", ecc. ecc.);
- ammettere che in teoria un'affermazione dell'avversario sarà pure vera ma in pratica è inconsistente o falsa, così si ammetteranno le premesse ma non le conseguenze;
- sconcertare o stupire l'avversario con sproloqui privi di senso, propinandogli una scemenza che suoni dotta e profonda (funziona se l'avversario è timido e si sconcerta di fronte a cose che non capisce);
- ultimo stratagemma, che richiama quello di suscitare l'ira: se ci si sente battuti divenire offensivi, oltraggiosi e grossolani e attaccare personalmente la persona (Sgarbi docet....);
Qui finisce la sintesi. Come si può vedere il manuale di Schopenhauer è una lettura preziosa non solo per chi vuole adesso battere qualcuno in una discussione ma per accorgersi che siamo continuamente sommersi da queste tecniche quando assistiamo ad un dibattito pubblico tenuto in qualsiasi luogo e che quindi i dibattiti vanno presi per quello che sono e non dar loro chissà quale patente di verità.
Un'ultima cosa. Parlando diffusamente dello stratagemma dell'autorità, Schopenahuer affronta in modo molto moderno e critico l'argomento delle cosidette opinioni universali, cioè quelle che in una società sono date per scontate come vere ed accettate acriticamente. Infatti egli sostiene che quella che si chiama opinione generale, altro non è che l'opinione di pochi che, attraverso il meccanismo dell'autorità, diviene sempre più generale fino ad essere considerata pregiudizialmente valida. Infatti, pochi vogliono pensare ma tutti vogliono avere opinioni e cosa c'è di meglio che prendere quelle già belle e pronte, senza farsene di nuove?
Beh! che dire, meditate gente, meditate...

Indico anche questo link di Wikipedia che porta una sintesi del manuale.

Per una panoramica delle figure retoriche più importanti e una loro breve descrizione:

Ora introduco qualche mia considerazione sulla retorica in genere, stimolato da questo manualetto così agile ma così utile. L'importanza della retorica nella nostra cultura, porta a considerare un quesito di fondo, che mi frulla in testa spesso: non sara' che tutte le scienze sociali in genere siano tutte riconducibili a forme organizzate di retorica?

Come si vede il quesito è forte e devastante. Cerchiamo di mostrare una traccia di ragionamento utile alla tesi. Ammettiamo che sia vero che, come già Aristotele sosteneva, ci siano due forme di ragionamento: logico teso alla verità assoluta ed oggettiva; dialettico teso alla confutazione delle tesi avversarie e non necessariamente portatore di proposizioni vere in assoluto, apoditticamente valide (in senso kantiano).

Aggiungiamo che la prima forma di ragionamento non è applicata in genere al quotidiano ma a particolari problemi, mentre la tendenza umana è quella di usare in genere proprio l'altra forma di ragionamento. Sosteniamo la tesi che la forma di ragionamento logico si  è estesa nel filone delle scienze esatte e generalmente applicata allo studio dei fenomeni naturali, mentre la seconda forma si è intrisa della storia dell'uomo, del suo vissuto storico e sociale.

Seppure lontanamente, queste considerazioni richiamano l'assunto di Wittgenstein di suddividere le proposizioni in due funzioni: rispecchiare una situazione fattuale o costruire regole sintattiche. Le seconde sono tautologiche e paradossalmente sono prive del contenuto del conoscere perché servono a costruire regole. Lo scopo è infatti fissare regole senza nulla dire del contenuto. Da notare che praticamente tutto il Diritto si basa su quest'assunto.

E' così strano, allora, considerare le scienze sociali (o genericamente le scienze dell'uomo) formalizzazione di retoriche tese più a validare tesi contrapposte che ricercare verità oggettive?

Come non vedere in questo metodo quasi una conseguenza della variabilità della natura umana, cui le scienze sociali dicono fare riferimento per trovare comportamenti 'oggettivi'? Ma questi pretesi 'oggettivi' comportamenti non sono codificabili solo attraverso il metodo della dialettica.

Si badi bene: non si sta sostenendo che le scienze sociali (scienze umane) non abbiano criteri di metodo e impostazione rigorosa, si dice solo che esse hanno la finalità di confutare tesi; questo perchè ogni tesi sostenuta  è  propria di un comportamento soggettivo, collettivo, sociale, ecc. e contrasta, nell'eterno gioco dei conflitti d'interesse (ahinoi! sempre là si va a parare), con altre.

Cito, a sostegno della mia tesi, un libro molto utile: Donald McCloskey: "La retorica dell'economia". (poi divenuto Deirdre McCloskey, cioè una donna ma questa è un'altra storia!), ovvero della scienza sociale più avanti nei metodi rigorosi, compresa la matematizzazione delle sue teorie. Se questo lo dice un economista della scuola liberista, ci deve essere qualcosa di vero. Specialmente dopo la crisi finanziaria del 2009.