Concerto delle sorelle Labèque al Teatro Olimpico di Roma

 

Il 29 maggio del 2014, nell'ambito dei concerti a cura dell'Accademia Filarmonica Romana, si è tenuto un concerto al Teatro Olimpico in Roma delle famose sorelle Labèque (Katia e Marielle) dedicato ad alcuni autori statunitensi: George Gershwin, Philip Glass e Leonard Bernstein. Parlare delle sorelle Labèque è al contempo facile e difficile. Facile perchè la loro arte può vantare un curriculum di tutto rispetto e collaborazioni che non lasciano dubbi sul prestigio che accompagna il duo. Difficile perchè il loro è veramente un suonare ed uno scegliere repertori, in una parola praticare l'arte della musica, che rientra a tutto tondo nel termine di eclettismo. Quindi parlare dei loro concerti è come discutere dell'eclettismo in musica. Cioè di come scegliere tra stili, epoche, gusti musicali diversi e farne una sintesi. Ovviamente questo approccio si presta a giudizi spesso contrastanti. I giudizi più negativi derivano, in genere, da posizioni tradizionaliste per non dire conservatrici che tendono a distinguere e a separare nettamente. I più positivi si basano sul fatto che è impossibile nell'arte non accogliere filoni diversi ed anche distanti per poi cercare una via propria all'espressione. Le sorelle Labèque hanno scelto questa seconda via senza compromessi. Intanto hanno deciso di suonare (quasi) sempre insieme. Ora non è il caso di fare una disamina del duo pianistico nella storia della musica. Sono state scritte pagine bellissime proprio per due pianoforti o per piano a quattro mani come la 'Fantasia in fa minore' di Schubert o gli impegnativi lavori di Bartok per due pianoforti e percussioni ma è indubbio che il repertorio sia meno vasto del piano solo o con orchestra. Questo significa che scegliere di costruirsi una carriera suonando in duo obbliga come minimo ad un arrangiamento di altre opere sempre nella cosidetta musica classica e diviene poi quasi naturale esplorare anche altri generi per trovare nuovi stimoli. Ecco perchè le Labèque possono vantare collaborazioni con i Berliner o con i Wiener, frequentazioni sia nella contemporanea con figure come Berio sia con la musica barocca su strumenti originali ed aver avuto invece il primo successo discografico con la Rhapsody in blue di Gershwin. Questa linea di condotta è stata poi così ferreamente seguita per cui oggi dire concerti o registrazioni delle Labèque è come seguire una specie di compendio della storia della musica non solo classica. Certo, così facendo si sconta quel tanto di medialità che porta ad aumentare la platea degli ascoltatori e qualcuno potrebbe storcere un pò il naso sul fatto che così si cerca anche, come si dice, il consenso del pubblico. Che però non è, a mio avviso, un errore se l'operazione viene fatta non solo in modo rigoroso (impeccabilità dell'esecuzione) ma anche in controtendenza, cioè quel brano non è suonato perchè piace al pubblico ma perchè piace all'esecutore e se poi è gradito anche al pubblico, meglio così. E' una sottile distinzione, vero. Però è dirimente tra un concerto un pò ruffiano ed uno sincero. Le sorelle Labèque seguono questa seconda via, non c'è dubbio. Prendiamo il concerto ascoltato. Dedicato a tre autori americani. Il primo dal nome storico per la musica leggera americana: Gershwin. E' noto che il nostro desiderava non fare solo canzoni ma anche cimentarsi con la cosidetta musica colta. Ed ecco che le Labèque propongono questo lato di Gershwin con un brano per lo più sconosciuto al grande pubblico che si limita in questo alla Rhapsody in blue o all'American in Paris, ovvero l'esecuzione (arrangiata per duo) di Three preludes dai tempi inequivocabili: allegro ben ritmato, andante e andante con moto. Per poi scoprire che l'andante non è nient'altro che un accattivante blues con la piacevole sorpresa di sentir echeggiare da parte delle Labèque veramente delle blue note in sala e non semplici notazioni bluesy in partitura come compitino. Il secondo pezzo in programma è stato invece una composizione originaria per duo pianistico di Philip Glass, intitolata Four movements. Composizione del 2008, mostra la maturità di questo a sua volta eclettico autore rappresentante del minimalismo musicale, per quanto le etichette valgano. Il brano è stato molto interessante ed eseguito, non è una novità, con grande ardore dalle Labèque che non si risparmiano di certo quando ci sono i crescendi ed hanno esaltato la tendenza postminimalista dell'ultimo Glass, con andamenti addirittura vicino al tardo romanticismo sintetizzati dal bel quarto movimento con il suo finale che echeggia sonorità quasi rachmaninoviane. L'ultimo pezzo eseguito pescava in un repertorio più conosciuto: un arrangiamento di Irwin Kostal per due pianoforti e percussioni di brani tratti dall'opera West Side Story di Leonard Bernstein. Qui, insieme alle Labèque, hanno suonato in modo appropriato Gonzalo Grau e Raphael Sèguinier alle percussioni. Il pregio di questo arrangiamento e della sua esecuzione è ben evidenziato nel libretto di sala di Luca dal Fra, dove si sottolinea che la dimensione solo musicale e concentrata della musica di Bernstein fa emergere una chiarezza mai banale nella composizione, la quale, a sua volta, prende spunti dal repertorio ritmico e melodico della musica popolare americana e latino-americana. Pregevoli e precise come al solito le Labèque nel ragtime come nei brani più melodici o nel trascinante (eseguito anche nel bis) brano America. Anche da questo questo concerto delle Labèque, come dall'ascolto delle loro registrazioni, è insomma difficile uscirne scontenti.

In questo video su YouTube potete farvi un'idea della musica ascoltata. Si tratta di una parte del quarto movimento dell'opera di Philip Glass suonata dalle Labèque ad Amsterdam: