Un'interessante conferenza di Jeremy Rifkin al Teatro Valle a Roma

 

Al Teatro Valle (occupato per protesta) a Roma il 27 ottobre 2011, il noto economista americano Jeremy Rifkin ha tenuto una conferenza in occasione dell'uscita del suo nuovo libro La terza rivoluzione industriale. Pur tenuta più di 10 anni fa la conferenza dimostra ancora la sua attualità, soprattutto per i temi legati al cambiamento climatico.
Un'occasione per conoscere da vicino questo attento osservatore, autore di molti libri per la comprensione dei meccanismi economici, sociali e politici del nostro tempo che ha tutti i connotati per essere definito epoca di transizione. La sua figura, un pò simile a quella di un guru, può essere amata o denigrata e le sue teorie, sostanzialmente riconducibili ad un catastrofismo moderato, hanno sempre suscitato consensi ma anche forti critiche. 
Rifkin ha indubbiamente una dialettica serena e ricca di riferimenti statistici. Il suo inglese è, per essere nato in USA, molto comprensibile ed ama parlare in mezzo alla gente che lo ascolta. Come tutti gli intellettuali d'origine anglo-sassone è in grado di farsi capire, insomma.
Presentatosi con un pò di ritardo e preso il microfono ha subito tirato fuori un "congratulations" ai presenti in sala dove risultava forte la presenza giovanile. Le sue congratulazioni si riferivano alla manifestazione del 15 ottobre a Roma. Applausi. Ovviamente questa sua presa di posizione fa capire quanto il personaggio parli francamente e sicuramente al di fuori degli schemi. Poco politically correct, per dirla breve.
Dopo questa premessa, è andato al sodo del suo ragionamento, evocando un concetto caro a Kuhn, quello del paradigma. Come Kuhn concepisce il cambiamento del paradigma alla base delle rivoluzioni scientifiche, Rifkin sembra pensare che un cambiamento di paradigma sia alla base dei profondi cambiamenti economici e sociali.
La crisi del paradigna odierno è stata determinata, per Rifkin, dalla recente crisi petrolifera del 2008 (con il barile a 147 dollari) che ha dimostrato chiaramente come sia sia ormai raggiunto il cosidetto picco petrolifero. Sottolinenado poi come eventuali risorse petrolifere sfruttabili siano sempre più costose. Accanto a questo fenomeno, ce n'è un altro grave ed inquietante: il cambiamento (mutamento) climatico. Il riscaldamento della biosfera oltre i due gradi centigradi, comporterebbe conseguenze catastrofiche. Rifkin ha enunciato senza mezzi termini il ritorno di un clima analogo a quello del Pliocene, dove appunto la temperatura era superiore di circa 2,5 gradi ad oggi e, tanto per farsene un'idea i mari erano più alti di 25 metri. Una situazione drammmatica se si dovesse riverificare oggi.
Date queste premesse, Rifkin sostiene che tutti i modelli economici vincenti si basano sulla convergenza di processi energetici e di comunicazione.
Questo passaggio nel pensiero di Rifkin è centrale, perchè così facendo egli descrive le costanti che regolano i mutamenti economici e sociali. Il primo è abbastanza facile da accettare. Il secondo è invece meno evidente e solamente a partire dalla seconda metà del novecento ha visto crescere la sua importanza come fattore di regolazione e mutamento nelle nostre società.
Entrambi i processi hanno avuto la loro rivoluzione nel novecento, quando il petrolio è divenuto la principale fonte energetica (modificando assetti geo-politici di potere mondiale) e si è verificata la nascita dei media classici: cinema, radio e televisione. Rifkin a questo punto ha fatto notare che mentre lo sfruttamento delle fonti energetiche, in primis il petrolio, ha sempre di più visto un processo di accentramento della produzione e distribuzione, nell'ottica di enormi finanziamenti per essere mantenuto in piedi e fino ad una concentrazione insostenibile (500 società che detengono un terzo del PIL mondiale), l'altra costante si è invece evoluta verso un decentramento e una diffusione centrifuga, con la nascita di Internet e la diffusione di nuovi strumenti di comunicazione.
Il ragionamento di Rifkin a questo punto si chiude sulla domanda: è possibile attuare un decentramento diffuso nel campo delle risorse energetiche analogo a quello avutosi nel settore dell'informazione-comunicazione?

Rifkin ha citato casi evidenti in cui potenti sistemi industriali accentrati sono stati messi in crisi con i nuovi media informatici: Napster, P2P hanno cambiato le regole del gioco nell'industria discografica e dell'intrattenimento in genere; Blog e blogger hanno creato nuove fonti alternative di informazione, mandando in crisi quella su carta stampata.
Per Rifkin quindi la domanda non ha che una risposta: non solo è possibile ma deve essere possibile. Bisogna passare dal dire al fare. Ha citato la Comunità europea ed il suo piano approvato del 20-20-20 come esempio d'intervento istituzionale ad alto livello per intraprendere un radicale cambio di rotta nel settore.
Per Rifkin tutto questo necessita, per essere attuato, la coscienza della biosfera. Un concetto che sintetizza il passaggio dall'economia come scena per le sole vicende umane ad un'economia in cui le vicende umane siano ricomprese con le vicende del pianeta, inteso proprio come un'unità regolato dalle sue esigenze fische, chimiche e biologiche. Siamo abituati a considerarle quando parliamo dell'uomo ma lo siamo di meno quando consideriamo la Terra proprio come un pianeta, nel senso letterale della parola.
Rifkin si è soffermato poi sulla considerazione dell'obsolescenza attuale delle categorie di destra e sinistra. Categorie che rimandano all'ottocento e al novecento ma già alla fine dell'ultimo decennio del secolo risultano usurate. In questo Rifkin sembra richiamare un giudizio severo del grande storico Hobsbwam nel suo libro sul Secolo breve (appunto il novecento) sulle stesse categorie. Dove la grande lotta ideologica del novecento non sembra più offrire spunti d'interesse ai nuovi scenari mondiali, primo fra tutti l'attuale non eurocentricità della storia.
Per Rifkin, detto chiaro e tondo, oggi non bisogna chiedersi se una cosa sia di destra o di sinistra ma: ha una struttura autoritaria e centralizzata o risulta invece essere diffusa e decentrata? Siano esse Istituzioni o modelli di consumo e comportamento, questa è la vera chiave di giudizio.
La conferenza è terminata con un augurio, rivolto alla giovane platea in sala: le giovani generazioni devono prendere per mano questo mutamento e far crescere contro un potere accentrato un nuovo potere, definito Potere laterale, proprio per chiarirne il senso alternativo rispetto ai tradizionali meccanismi decisionali.

Come si vede, gli argomenti di Rifkin sono stimolanti e certamente hanno una loro coerenza. C'è da dire che nella lunga carriera, l'economista americano ha predicato situazioni e futuri scenari che solo in parte si sono verificati. Per questo è stato oggetto di critiche, insieme ad attaggiamenti un pò giogioneschi che effettivamente fanno da contorno al personaggio. Per quanto concerne le idee esposte in questa conferenza, credo che la vera questione delicata sia nel passaggio necessario ad un'economia diversa, governata da meccanismi innovativi simili a quelli della rivoluzione informatica.

In sostanza, il modello di mutamento racchiuso nella rivoluzione informatica e nelle sue manifestazioni in altri campi della produzione e del consumo non mi sembra facilmente esportabile. Per  ragioni tecniche, in primo luogo ed economiche poi. Basti pensare che la famosa legge di Moore non trova facilmente riscontro in altri campi dell'attività umana. Per esser più chiari, si può fare un divertente riferimento a questa difficoltà di trasposizione economica della legge di Moore in altri settori, proprio confrontando l'andamento dei prezzi dei dispositivi elettronici con quello della benzina ai distributori. Ora, è vero che Rifkin auspica un passaggio allo stesso meccanismo ma è pur vero che in campo energetico un tale processo di miniaturizzazione non esiste, anche se qualche passo avanti è stato fatto ad onor del vero. Se poi vogliamo infierire, diciamo che un conto è trattare, trasferire e diffondere informazione, per sua natura immateriale, ed un conto è farlo con qualcosa di pesantemente materiale come i manufatti umani. Si può dire che le uniche attività umane che hanno subito un profondo mutamento a seguito dell'informatizzazione sono state proprio le transazioni finanziarie, fino a divenire anch'esse immateriali e portando però ai disastri che tutti vediamo.