Mostra di stampe d'epoca sulla Repubblica Romana del 1849 presso la Fondazione Besso

 

Il 2012 è stato tempo di celebrazioni dell'Unità d'Italia. L'Italia dai "mille comuni" (anche se nella realtà sono più di 8.000) fa fatica a pensare in termini di azione unitaria, nazionale. Non è il  caso di rivangare i perchè. Sarebbe troppo lungo. Tuttavia viviamo in un periodo fatto d'immagini, pieno di film con effetti speciali ed anche di buoni sentimenti. Sarebbe allora il caso che ogni tanto ci rivolgessimo a qualche episodio storico "vero" dove tutto questo è stato reale.

La realtà meglio della fantasia, insomma. Nel Risorgimento italiano, questo sconosciuto nonostante tutto, uno degli episodi più esaltanti e brevissimo ma denso d'avvenimenti fu proprio la proclamazione della Repubblica Romana nel febbraio del 1849. Anni di veri fermenti politici e sociali e lasciamo perdere i paragoni con gli squallidi teatrini di oggi. La Repubblica Romana è stato a tutti gli effetti uno di quegli episodi che esaltarono l'azione e la solidarietà, pur con il contorno di morte e distruzione che una guerra inevitabilmente si porta appresso. Cominciamo dai simboli dell'Italia unita e vedremo che già c'erano tutti nelle vicende della Repubblica. Come la bandiera della Repubblica dove fu adottato il tricolore, peraltro già usato per le giornate del 1848 nel Nord, guarda caso. O l'inno oggi tanto vituperato del Mameli. I compagni, sfilando nella ritirata sotto la finestra dell'Ospedale dei Pellegrini, dove era ricoverato per le ferite, cantarono "Fratelli d'Italia", da lui scritto e musicato dal maestro Novaro, a questo giovane di 22 anni che sarebbe deceduto da lì a poco. Una scena degna di un film che fa forse ricredere sulla bontà dell'adozione successiva di questo come inno nazionale.

Oppure i 600 bersaglieri corsi in aiuto dal Nord e guarda caso tutti volontari del Lombardo-Veneto, il che fa un pò sorridere pensando alle tiritere Leghiste. Un grande poeta dialettale romano, scrisse epiche rime a ricordo di quelle giornate, magari un pò retoriche ma che colgono appieno il clima di quei mesi. Si tratta di Cesare Pascarella che nacque appena 9 anni dopo la proclamazione della Repubblica. Oppure la figura di Angelo Brunetti detto "Ciceruacchio", fucilato dai Croati austriaci nel Polesine dopo la fuga da Roma insieme al figlio tredicenne, la cui tragica scena è stata poi riproposta nel film di Luigi Magni del 1990 "In nome del popolo sovrano", ambientato proprio durante la Repubblica Romana.

Con queste premesse, è di particolare interesse la Mostra allestita a Roma dalla  Fondazione Marco Besso in Largo di Torre Argentina 11, inaugurata il 23 novembre 2010 dal titolo "Roma 1849: gli eserciti, le battaglie, i luoghi - Stampe d'epoca di Denis Auguste Marie Raffet, Pietro Rosa, Domenico Amici, Pompilio De Cuppis". La mostra è organizzata da M.L. Orsa Lumbroso, con il progetto e allestimento di Carla Rivolta, ricerca e redazione a cura di  Giulia Di Stefano e Stefania Glori.

Nella Mostra sono esposte numerose litografie ottocentesche raffiguranti reportage di guerra della spedizione dell'Esercito francese nel 1849 a Roma, per liberarla dalla Repubblica Romana e riportare Pio IX a Roma.

Nelle stampe del francese Raffet il punto di vista è quello dell'esercito francese che sbarca a Civitavecchia, giunge a Roma e combatte contro i difensori della Repubblica. Nell'Atlante storico dell'assedio di Roma di Pompilio De Cuppis ci sono due mappe dettagliate delle battaglie e varie vedute dei luoghi dopo i combattimenti, con le ville e le chiese danneggiate dai bombardamenti; anche le vedute dell'Amici raffigurano i luoghi delle battaglie (Villa pamphilj, Villa savorelli, il Vascello, San Pietro in Montorio..). Tutte le stampe sono del Fondo stampe e fotografie della Biblioteca della Fondazione Marco Besso.

 

Un giro per le sale della Mostra

Andando in giro per le sale della Mostra molte sono le cose che attraggono l'attenzione. Come l'interessante documento d'impianto militare che riporta gli avvenimenti dell'epico scontro del 30 aprile 1849 a Porta San Pancrazio, in cui stupisce la correttezza formale dell'italiano utilizzato. Pur trattandosi di un documento burocratico-militare, la cura della lingua è veramente d'altri tempi, specie se paragonata ai giorni nostri. Alcune esempi? "... perchè rimanendovi sino si che s'impegnasse il fuoco, osservat'avesse tutti i movimenti del nemico, ed indagandone il numero e le intenzioni..." Basta così. In effetti sembra di essere davanti ad una prosa poetica piuttosto che ad una relazione tecnica di stampo militare!

Che dire poi delle leggi e dei bandi emanati durante la Repubblica? Nonostante l'evidente conflitto nei confronti della Chiesa e del Papato, i patrioti non sembrano, almeno formalmente, dei mangiapreti. Anzi, tutti documenti iniziano con la frase "In nome di Dio e del Popolo sovrano". Certamente un pò d'opportunismo ma anche la consapevolezza di una continuità storica. Tra i bandi riportati, curioso quello che avvertiva i cittadini che su Castel S. Angelo la bandiera esposta se "rossa" segnalava allarme mentre il "tricolore" (peraltro molto simile se non uguale a quello poi usato nella Repubblica dal 1945) stava a significare tregua.

Un'altra cosa che colpisce, vedendo le litografie, è lo stato in cui erano stati ridotte alcune importanti e significative costruzioni di Roma dai colpi d'artiglieria. Tra esse: Porta San Pancrazio, Villa Spada, S. Pietro in Montorio, Palazzo Savorelli, il "Vascello", il Casino dei Quattro Venti. A parte "il Vascello", tutte queste costruzioni sono state ricostruite ma se ci si passa accanto oggi non si può non pensare che stiamo vedendo di fatto quasi una copia degli originali, tanti erano i danni fatti.

Infine, l'incredibile raccolte di calotipie del Lecchi ci rimanda di colpo agli albori della fotografia, una delle tecniche artistiche che dall'ottocento ha rivoluzionato il nostro modo di vedere e ricordare le cose.  Si tratta di una tecnica che,  a differenza del dagherrotipo anch'esso contemporaneo, garantiva copie infinite da un originale, un negativo come diciamo oggi. Inizia l'era della riproducibilità tecnica della realtà ed anche dell'arte. Sfogliando l'album ci si emoziona un pochino. 

 

Cronistoria della Repubblica Romana

La Repubblica Romana del 1849, nella sua breve vita di appena 5 mesi, rappresentò un’esperienza di primissimo piano nelle vicende dell’unificazione italiana, propugnando idee e principi democratici, quali il suffragio universale, l’abolizione della pena di morte e la libertà di culto e vedendo tra le sue fila alcuni tra i principali protagonisti del nostro Risorgimento, come Mazzini, Garibaldi, Mameli, Manara e Bixio.

 Papa Pio IX, salito al soglio pontificio nel 1846, dopo un primo biennio di governo liberale, con la concessione di una costituzione e l’invio di corpi di spedizione a sostegno della causa italiana in seguito ai fatti delle Cinque Giornate di Milano, cambiò atteggiamento e placò gli entusiasmi patriottici in un’Allocuzione al concistoro del 29 aprile 1848, in cui condannava la guerra all’Austria, regno legittimo e di fede cattolica.

Questo mutato atteggiamento di Pio IX non mancò di suscitare opposizioni politiche e malcontento popolare nel Regno Pontificio: il 15 novembre il ministro dell’interno Pellegrino Rossi, già ambasciatore di Luigi Filippo d’Orléans, venne assassinato da un gruppo di democratici. Nei giorni successivi, il capopopolo Angelo Brunetti detto Ciceruacchio, insieme a Carlo Luciano Bonaparte, inscenò sotto al Quirinale una serie di tumultuose manifestazioni.

La notte del 24 novembre, ritenendo la città malsicura, il Papa fuggì da Roma per rifuggiarsi nella fortezza napoletana di Gaeta, lasciando così il governo nella difficile condizione di arginare le forze democratiche.

Le elezioni del 21 e 22 gennaio 1849, svoltesi nonostante la minaccia di scomunica a chi vi avesse partecipato da parte di Pio IX, sancirono difatti la vittoria dei democratici: il 9 febbraio fu emanato il decreto fondamentale della Repubblica Romana, il cui art.1 recitava che il papato era decaduto “di fatto e di diritto dal governo temporale dello Stato Romano”.

L’Assemblea costituente scelse come forma di governo il triumvirato, incarnato dalle personalità di Giuseppe Mazzini, Aurelio Saffi e Carlo Armellini e come bandiera il tricolore; nel frattempo Pio IX, da Gaeta, invocò l’aiuto delle forze cattoliche straniere e al suo appello risposero Francia, Spagna, Austria e il Regno delle Due Sicilie, cominciando ad attaccare i territori pontifici su più fronti.

In difesa della Repubblica affluirono giovani da tutta Italia e dall’Europa, nonché Giuseppe Garibaldi con il suo esercito di volontari.

I francesi, su incarico di Luigi Napoleone Bonaparte, futuro Napoleone III, prepararono un corpo di spedizione, capitanato dal generale Oudinot, che sbarcò il 25 aprile nel porto di Civitavecchia, per iniziare la marcia verso Roma.

Dopo una prima valorosa resistenza da parte delle truppe repubblicane e garibaldine, che respinsero i francesi a Porta S. Pancrazio, sul fronte del Gianicolo, Oudinot concordò un armistizio ma, mentre Garibaldi ed i suoi uomini erano impegnati a respingere le truppe borboniche arrivate ai Castelli Romani, riorganizzò l’esercito con notevoli rinforzi e attaccò a sorpresa nella notte tra il 2 e il 3 giugno.

Dopo un mese di combattimenti e bombardamenti, Roma, cinta d’assedio, dovette capitolare: il 3 luglio le truppe francesi entrarono nella città, mentre Garibaldi, non accettando la resa, iniziò una ritirata alla volta di Venezia.

Pio IX rientrò nella capitale il 12 aprile 1850.

Secondo la relazione dello stato maggiore francese, del dicembre 1849, le perdite dei francesi ammontarono in tutto a 1004 unità, mentre si dichiararono 4000 caduti tra i nemici; per le perdite dei difensori della Repubblica, tra le fonti d’epoca, vi è un resoconto del Dott. Agostino Bertani, che prestò opera negli ospedali militari: secondo tale catalogo, la cifra dei repubblicani caduti era di 2063.

Se poi volete saperne di più sulla Repubblica Romana potete consultare il sito del Comitato Gianicolo (il nome dice tutto...)

Per capire l'eccezionale momento storico di quei tempi, è sufficiente pensare come anche un popolo piuttosto apatico ai fatti rivoluzionari come quello romano, si lasciò invece coinvolgere da quegli avvenimenti. Qui una diasamina storico-sociale su quest'aspetto.

 

Notizie sugli artisti autori delle litografie

Denis Auguste Marie Raffet (Parigi, 1804 – Genova, 1860)
Disegnatore e litografo, allievo di Jean-Antoine Gros e Nicolas Toussaint Charlet, si specializzò presto nella raffigurazione di soggetti militari e può considerarsi uno dei principali illustratori delle campagne napoleoniche, che rappresentò, al contempo, con precisione storico-realistica e patriottico entusiasmo; due suoi quadri, Episode de la Retraite de Russie e Le Maréchal Ney à la redoute de Kovno, riguardanti la ritirata dalla Russia delle truppe napoleoniche, sono esposti al Louvre. Tra le tante opere da lui illustrate, vi furono l’Histoire de la Révolution française di Adolphe Thiers e l’Historie de Napoléon di J. M. de Montbreton de Norvins. Dopo aver seguito, nel 1837, il principe russo Anatole Demidoff, marito di Matilde Bonaparte, in una spedizione scientifica in Crimea, Raffet fu da lui ospitato presso la villa fiorentina di San Donato e cominciò a lavorare sotto la sua protezione.L’artista giunse a Roma nel luglio del 1849, per prendere schizzi ed appunti sui luoghi dove si erano appena conclusi i combattimenti tra le truppe francesi e l’esercito garibaldino della Repubblica Romana. L’intento era di allestire un album di cento tavole che narrasse tale campagna militare, dallo sbarco a Civitavecchia del 25 aprile 1849 fino al 18 aprile 1850, giorno della benedizione impartita da Papa Pio IX alle truppe francesi che lo avevano riportato sul trono pontificio.Nel progetto dell’artista, che lo impegnò per circa dieci anni, il susseguirsi dei fatti sarebbe stato rappresentato prima dal punto di vista dei francesi e poi da quello degli avversari; tuttavia egli riuscì ad eseguire solo 32 tavole, che, assieme ad altre 4 litografate da Lalaisse, Ph. Benoist ed Emile Bry sulla base dei suoi schizzi, vennero pubblicate a cura di Auguste Bry per l’editore Gihaut a partire dal 1850, con il titolo Souvenirs d’Italie e dedica al principe Demidoff.

Domenico Amici (Roma, 1808 – 1871) è conosciuto per alcune serie di incisioni e acqueforti rappresentanti vedute architettoniche e paesaggi romani, come Rovine romane (1832-33); Karl Werner (Weimar, 1808 – Leipzig, 1894), anch’egli pittore di architetture e vedute paesaggistiche, si recò in Italia nel 1833 e vi dimorò per una ventina d’anni.

Pompilio De Cuppis (Fano, 1804-1861)
Matematico ed astronomo. Nel 1831 seguì, in qualità di aiutante, il Generale napoleonico Pier Damiano Armandi nella rivolta di Bologna.Nel 1855 venne nominato Cavaliere della Legion d’Onore da Luigi Filippo di Francia. Nell’articolo del 22 Settembre 1849, comparso sulla rivista L’Album, descrive dettagliatamente le varie fasi degli scontri tra francesi e romani ed annuncia l’imminente uscita del suo Atlante generale dell’Assedio di Roma, contenente due carte militari da lui disegnate ed una raccolta di litografie dei luoghi di Roma danneggiati dalle battaglie, firmate da L. Gallassi, che paiono direttamente ricavate dalle fotografie del Lecchi.

Stefano Lecchi (1805 – 1863?)
Attivo come fotografo già dai primi anni ’40, entrò a far parte della cerchia di calotipisti della “Scuola Romana di fotografia”. Nell’estate del 1849 scattò un resoconto fotografico dei luoghi dell’assedio di Roma appena conclusosi, che può considerarsi tra i primissimi esempi di reportage di guerra finora conosciuti. Queste immagini, approntate con la tecnica detta della “carta salata”, che ne consentiva una riproduzione in più copie, furono prese a modello per molte delle successive incisioni sullo stesso tema, come ad esempio quelle raccolte nell’Atlante del Cav. De Cuppis. Sono state rinvenute una cinquantina di fotografie del Lecchi raffiguranti Roma nel 1849 che, pur non potendo, visti i mezzi tecnici dell’epoca, documentare figure in movimento delle battaglie vere e proprie, evidenziano in modo inoppugnabile gli effetti dei combattimenti.

 Il cartellone della Mostra: