Joshua Redman all'Auditorium di Roma


Joshua Redman è un sassofonista straordinario tecnicamente e non solo. Qualche volta si può essere in disaccordo su quello che suona ma è un altro discorso.

In questo concerto hanno accompagnato Redman Omer Avital al basso e Greg Hutchinson, tre musicisti di notevole forza tecnica. Chi mi ha stupito tecnicamente è stato proprio Avital, vero virtuoso dello strumento, praticamente una macchina. In grado di far suonare il basso tradizionale come se fosse un basso da musica techno, con una forza incredibile. Hutchinson mena botte sulla batteria, qualificandosi come un cultore della linea che più si mena sulla batteria e meglio è. So che molti batteristi e musicisti preferiscono questa tendenza. E Redman? Assolutamente niente da dire sul piano tecnico, ha per questo i suoi affezionati ascoltatori che, nei musicisti, si trasformano in cultori del suo fraseggio che rende il suo suono unico, più che il timbro del suo strumento che invece è abbastanza tradizionale. Il repertorio non è stato malaccio, in quanto ha seguito le linee di un robusto hard-bop rivisitato anni 2000 e naturalmente per me questa è stata la parte migliore (in particolare una rivisitazione di un brano di Monk). Altri brani eseguiti erano tratti dal suo ultimo lavoro 'Back east'. Il bis è stato ovviamente un robusto pezzo fusion che ricordava molto Steve Coleman. Ha anche ringraziato il pubblico che ha seguito il bis con il clap delle mani, andando fuori tempo ovviamente dopo dieci secondi (ma perchè?)

Tutto il contrario la sezione ritmica che è stata di una precisione mostruosamente didattica durante tutto il concerto, niente da dire. Redman ha tirato fuori sovracuti, slap e tutti i trucchi del mestiere, oggi base di un sassofonista cosidetto moderno, dove il growl è roba da museo perchè troppo facile. Una volta ho sentito parlare di Redman come sassofonista esuberante; credo sia un bell'aggettivo per descriverlo. Del resto, tutti questi moderni (Redman non dimentichiamo ha circa 35 anni), in grado di suonare TUTTI gli stili e di padroneggiare lo strumento in modo incredibile hanno la tendenza un po' a "strafare", per cui la sensazione dopo un'ora d'ascolto è di sovraccarico, dovuta al fatto che paiono 'suonarsi addosso'. Redman, comunque, rimane un tradizionale e più di una volta ho avuto la sensazione che lui più di altri tenorsassofonisti e con i dovuti distinguo sia l'erede di Rollins. Tale sensazione l'ho avuta proprio in brani dove in alcuni momenti hanno aleggiato ritmi caraibici di calypso.

Su un altro concerto di Redman in duo con il pianista Brad Mehldau all'Auditorium di Roma puoi leggere la MIA RECENSIONE